Perché mai noi professori dovremmo interessarci del disagio e delle proteste dei ricercatori? Perché la sopravvivenza di una parte significativa dei corsi di Laurea dell’Università di Ferrara è attualmente a rischio, costretta in una micidiale “morsa” costituita da due elementi: il taglio dei fondi di bilancio con una drastica riduzione del “turn over” da una parte e dall’altra i rigidi meccanismi dei così detti “requisiti minimi” espressi in termini di numero e tipo di personale docente disponibile. Questi ultimi meccanismi di fatto penalizzano proprio le piccole e medie Università come quella di Ferrara perché hanno un numero di docenti più basso e quindi sono seriamente più a esposte ora e nell’immediato futuro a non superare i requisiti minimi.
Per questa ragione la protesta dei Ricercatori – sui quali grava una parte assai rilevante del carico di docenza – è, questa volta, una protesta che interessa tutta l’Università di Ferrara e che dovrebbe richiamare l’attenzione dei cittadini e delle autorità. I contenuti di tali rivendicazioni, per nulla rivoluzionari ed onerosi mirano a garantire la sopravvivenza dell’Università pubblica che, con i tagli previsti dal DDL Gelmini di Riforma dell’Università Pubblica è fortemente compromessa. A fronte dei numerosi pensionamenti previsti nei prossimi anni, non viene assicurato il necessario ricambio.
Sono rivendicazioni indispensabili per assicurare la sopravvivenza dei corsi di laurea, fatte proprie dalla Conferenza dei Rettori, con un ruolo decisivo del Rettore di Ferrara. La Conferenza dei Rettori ha formulato infatti la richiesta minima di 2000 posti di Professore Associato/anno, ragionevolmente finanziabili dal Ministero con l’utilizzo di una parte ridotta dei pensionamenti già previsti.
Vogliamo con questa lettera ribadire ed informare i cittadini che è in gioco la sopravvivenza della nostra, o meglio della Loro Università. L’Università di Ferrara risulta in molti studi comparativi basati sulla produttività scientifica tra le prime università in Italia. L’assurdità di quello che sta succedendo sta nel fatto che molti aspetti dal decreto Gelmini vanno a penalizzare proprio alcune università che “meglio” funzionano rispetto alla media nazionale. Riteniamo che questo debba essere noto agli onorevoli di Ferrara per la decisiva responsabilità che essi hanno in questo frangente. Le scadenze sono brucianti.
Una università di eccellenza è un bene per tutti: per la salute dei cittadini, per le attività formative dei giovani, per la ricerca avanzata, serve per lo sviluppo civile, economico ed industriale della città. Mai come in questi mesi le comuni difficoltà di tanti comparti, università compresa, coinvolgono tutti.
A sfatare la cattiva informazione dilagante che inquina coscienze ed intelligenze si dovrebbe sapere che il costo medio per studente universitario in Italia (6786 Euro) è ben inferiore alla media Europea (8605) e assai distante da quello di Germania (10426) o Regno Unito (12106). L’età media dei docenti delle università italiane è all’ultimo posto in Europa (52 anni) più elevata di 8-10 anni rispetto agli stati europei più avanzati (Fonte Eurostat, 2008).
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