mercoledì 30 giugno 2010

Edificio intelligente a consumo energetico nullo all'Università dell'Aquila

Sorge a Coppito l’edificio “intelligente”, come ribattezzato da molti. Nell’Università dell’Aquila, infatti, è stata inaugurata questa costruzione che in sè racchiude stabilità, innovazione, solidarietà, ricerca scientifica e soprattutto tutela ambientale.
La palazzina intelligente, che non teme terremoti come accaduto in Abruzzo, è ecologico per due motivi: è stato costruito con materiali riciclabili, e si alimenta esclusivamente ad energia solare. Zero emissioni quindi, tutto funziona per merito dei pannelli solari presenti sul tetto. Grazie anche alle speciali pareti e ai tripli vetri delle vetrate, che forniscono un eccellente isolamento termico, è possibile inoltre dimezzare il fabbisogno energetico.
Il fabbricato ha portato via agli addetti circa un mese e mezzo di lavoro. Costato circa 300mila euro, è stato generosamente donato al Campus dell’Aquila dalla CogEsi (Coge costruzioni generali e Consorzio Esi) di Parma. Un dettaglio interessante sull’energia prodotta e i costi ce lo fornisce direttamente il Presidente del Consorzio Esi, Carlo Bucci: “Di fatto l’università abruzzese non pagherà le bollette di luce e gas. In pratica l’autonomia dell’edificio è assicurata da un principio di scambio: l’Enel acquisisce l’energia in eccesso prodotta dai pannelli solari e la rilascia quando la produzione è inferiore alla necessità. Nell’arco di un anno il bilancio è in pareggio e dunque non ci sono spese“.
L’edificio, oltre a fornire un vantaggio energetico, rimpinguerà persino le casse dell’Ateneo: l’incasso previsto ogni anno, e per i prossimi 20 anni, risulta superare i 9mila euro. La cifra verrà sborsata dal Gestore servizi energetici sotto forma di contributi per chi sceglie i pannelli fotovoltaici.




Altre notizie da sito della Mitsubishi

Ferdinando di Orio, Rettore dell’Università degli Studi dell’Aquila, inaugura oggi l’edificio energeticamente autonomo, a basso consumo energetico e ad alte prestazioni ambientali, sede di alcuni uffici amministrativi dell’ateneo. Il progetto è frutto di una collaborazione con l’Università degli Studi di Parma     L’Aquila, 20 ottobre 2009 – E’ stato inaugurato oggi all’Aquila dal prof. Ferdinando di Orio, Rettore dell’Università degli Studi dell’Aquila, il nuovo edificio energeticamente autonomo, a basso consumo energetico e ad alte prestazioni ambientali, sede di alcuni uffici amministrativi dell’ateneo aquilano.   Il progetto, frutto della collaborazione didattica e scientifica tra l’Università degli Studi di Parma e quella del capoluogo abruzzese, è stato realizzato grazie alla donazione di Cogesi, associazione temporanea d’impresa formata da due società parmigiane Consorzio Esi (edilizia sostenibile innovativa)e Co.Ge. Costruzioni Generali – e di tre realtà industriali consolidate: Celenit, Mitsubishi Electric, leader mondiale nella produzione di apparecchiature elettriche ed elettroniche, Saint Gobain, che hanno fornito soluzioni tecnologiche innovative per la costruzione di un edificio altamente eco-efficiente. L’applicazione di queste tecnologie ad elevate prestazioni ambientali consentirà, infatti, un risparmio energetico annuo del +49% e una riduzione di emissioni di CO2 pari a 15,7 tonnellate.   A testimoniare la qualità e l’importanza di questo progetto di ricostruzione consapevole e del continuo sostegno da parte delle aziende nel dare concretezza alla ripresa della città, in questo caso delle attività universitarie, sono stati invitati Guido Bertolaso, direttore del dipartimento di protezione civile, e il Ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Mariastella Gelmini.   L’inaugurazione ha visto la partecipazione di molte Istituzioni Locali tra cui Gianni Chiodi, Presidente della Regione Abruzzo, Massimo Cialente, Sindaco dell’Aquila, Stefania Pezzopane, Presidente della Provincia dell’Aquila e dei rappresentanti delle aziende che hanno donato, ognuna per il proprio settore di competenza, le soluzioni tecnologiche più idonee per la costruzione dell’edificio.   In particolare, per le Aziende, erano presenti: Paolo Bergamaschi Amministratore delegato CogEsi, Sergio Di Nunzio, Vicepresidente CogEsi; Piero Svegliado, Amministratore delegato Celenit SpA; Fabrizio Maja, Division Manager Air Conditioning System Mitsubishi Electric, Gualtiero Seva, Division Manager Photovoltaics Mitsubishi Electric e Gianni Scotti, Delegato Generale Saint-Gobain Italia.   «Questa donazione è un contributo importante per noi – afferma Ferdinando Di Orio, Rettore dell’Università degli Studi dell’Aquilaperché indica che una realtà industriale significativa del nostro Paese investe sulla nostra Università e sulle nostre capacità scientifiche e culturali: prendiamo atto dell’investimento – perché di questo si tratta – e ne siamo molto grati»     Il Progetto Il disegno architettonico ed esecutivo del progetto è nato per un sistema costruttivo assolutamente innovativo, studiato da CeP Consulenza e Progetti di Parma: una tecnologia stratificata a secco (o sistema struttura/rivestimento: S/R), in grado di garantire edifici con elevati standard qualitativi, in termini di sicurezza, velocità di esecuzione, isolamento termo-acustico, prestazioni energetiche, flessibilità d’uso ed eco-sostenibilità. L’edificio, costituito da uffici per una superficie utile totale di circa duecento metri quadrati, è stato realizzato con una struttura portante in legno, poi tamponata con pannelli stratificati a secco di elementi specializzati e supportati da orditure metalliche.   La progettazione, partita dall’analisi dei fattori ambientali del sito, ha previsto l’installazione di un impianto fotovoltaico da 9,12 kWp composto da moduli ed inverter Mitsubishi Electric che consentiranno una produzione annua di circa 13.000 kWh e una riduzione delle emissioni di CO2 pari a circa 8 tonnellate all’anno. I moduli fotovoltaici Mitsubishi Electric si distinguono per il primato mondiale nell’efficienza di conversione che garantisce quindi il massimo rendimento energetico di ogni singola cella. Sono inoltre gli unici pannelli che non utilizzano piombo nelle saldature, consentendo un minore impatto ambientale rispetto ai moduli fotovoltaici tradizionali. L’impianto consentirà di coprire totalmente il fabbisogno energetico primario dell’edificio. Anche per la climatizzazione, il riscaldamento e la produzione di acqua calda sanitaria della palazzina è stato utilizzato un sistema VRF a pompa di calore sempre Mitsubishi Electric, raggiungendo così la soluzione ottimale in termini di risparmio energetico, riduzione dell’inquinamento grazie all’assenza di Co2, e di sicurezza contro esplosioni in caso di evento sismico per la mancanza di gas come fonte di alimentazione degli impianti.   Le pareti perimetrali dell’edificio e le pareti interne sono state realizzate con tecnologia stratificata a secco di Saint-Gobain, con l’impiego di prodotti a marchio Placo e Rigips. La tecnologia applicata garantisce elevate prestazioni di isolamento termico (U=0,17 W/m2K), acustico, resistenza all’effrazione e all’urto, protezione passiva dal fuoco. Per migliorare ulteriormente le prestazioni di resistenza meccanica, di durezza superficiale e di finitura è stato impiegato il sistema Habito, che rispetta le disposizioni legislative che regolamentano l’isolamento acustico, la statica e la sismica nelle costruzioni edili. Per le pavimentazioni sono stati utilizzati massetti a secco Rigidur in gesso fibrato che consentono una migliore programmazione dei lavori in cantiere, maggiore pulizia e una notevole riduzione nel consumo di acqua durante la costruzione. Le vetrate impiegate sono altamente isolanti: le vetrate Saint-Gobain Glass CLIMATOP ONE sono composte da tre lastre di cristallo separate fra di loro da due intercapedini riempite di gas Kripton. L’utilizzo di particolari rivestimenti (SGG PLANITHERM ONE) e la combinazione d’intercalari speciali (SGG STADIP SILENCE) consente di ottenere alte prestazioni sia termiche, che acustiche. La scelta di una vetrata isolante ad alto contenuto tecnologico consente di ottenere contemporaneamente un’ottima trasmissione luminosa (quindi una buona illuminazione anche nelle giornate più buie), un’ottima trasmittanza termica (quindi un’elevata capacità di trattenere il calore nei periodi più freddi) e un fattore solare decisamente importante, determinando una temperatura ideale anche nelle giornate più calde.   Per il progetto dell’involucro sono stati scelti materiali come la lana di legno mineralizzata, la fibra di legno, guaine traspiranti e freni al vapore, di Celenit. Al contrario di altri materiali isolanti leggeri, i pannelli Celenit possiedono una buona conduttività e sono caratterizzati da elevati calore specifico e massa volumica. Queste proprietà garantiscono ottimali valori di trasmittanza termica, sfasamento e attenuazione dell’onda termica. Le soluzioni utilizzate, oltre a rispettare i requisiti imposti dalla legge, garantiscono un elevato comfort abitativo e risparmio energetico, sia nel periodo invernale sia in quello estivo, diminuendo il consumo derivato dagli impianti di riscaldamento e di condizionamento.   Ulteriori materiali sono stati forniti da: 3elle (porte e serramenti), Caparol (intonaci e pitture), Enghel (scuretti), Keope (pavimenti e rivestimenti), OfficePlan (arredi), Roto (scala retrattile).

Significativa adesione del Senato Accademico dell'Università dell'Aquila alla protesta contro il ddl Gelmini

(ASCA) - L'Aquila, 30 giu - Il Senato Accademico dell'Universita' dell'Aquila ha approvato una mozione cui ha ribadito pieno sostegno alla protesta nazionale dei ricercatori universitari contro il ddl 1905 (riforma universitaria Gelmini) che ''lede gravemente la loro figura professionale e le prospettive di carriera''. Anche nell'Ateneo aquilano entra quindi nel vivo la protesta dei ricercatori che, contro la possibile imminente approvazione della riforma universitaria del ministro Mariastella Gelmini, a grande maggioranza hanno manifestato la propria volonta' di astenersi dallo svolgimento delle lezioni. In segno di condivisione della protesta, i docenti dell'Universita' aquilana hanno dichiarato la propria indisponibilita' a ricoprire gli incarichi eventualmente lasciati scoperti dai ricercatori, con i quali le Facolta' dell'Ateneo sono solidali, manifestando la loro posizione critica e di opposizione a una riforma che penalizza fortemente il sistema universitario nella sua globalita'.

Le Facolta' hanno anche sottolineato come l'eventuale approvazione della riforma Gelmini comporterebbe l'inevitabile riduzione degli insegnamenti a favore degli studenti, con evidenti danni al loro diritto di poter contare su un ampio spettro di possibilita' formative.

''Se il ddl Gelmini fosse approvato senza ulteriori emendamenti che tengano conto della protesta messa in atto dai ricercatori, tutte le Facolta' universitarie dovrebbero in poco tempo ridimensionare la propria offerta formativa per l'anno accademico 2010/2011 - e' il grido d'allarme del rettore dell'Universita' dell'Aquila, Ferdinando di Orio - Questa scelta risulterebbe assai penalizzante a livello nazionale ma per il nostro Ateneo una riduzione dell'offerta formativa rischierebbe di compromettere i risultati ottenuti quest'anno, nel quale oltre 23000 studenti hanno dimostrato fiducia in una delle Istituzioni che vuole essere al centro del processo di ricostruzione dell'intero comprensorio colpito dal sisma del 2009''.

Riforma Università: se ne riparla a Settembre

dal sito del sole24ore del 29.6.2010 (di Claudio Tucci)



Oggi é atteso il via libera al contestatissimo decreto legge sulle fondazioni lirico-sinfoniche, in scadenza oggi, mentre per il decreto di riforma delle università italiane bisognerà attendere la fine della pausa estiva, probabilmente settembre, come annunciato qualche giorno fa anche dal ministro Gelmini. 

L'agenda dei lavori parlamentari è sempre più monopolizzata dalla manovra di Tremonti: arriverà in aula, al Senato, il prossimo 6 luglio, per ottenere il via libera, con ogni probabilità, il 9. Poi ci sarà la volata finale alla Camera, che in soli 20 giorni (ma non più di 10-12 di lavori effettivi) dovrà licenziare definitivamente la legge di correzione dei conti pubblici, che pesa 24,9 miliardi.

Insomma, a poco più di un mese dalla chiusura del Parlamento, ce la potrebbe fare anche il ddl sulla sicurezza stradale, che dovrebbe ottenere in questi giorni la sede legislativa alla Camera, per poi passare al Senato, che deve esaminare le novità introdotte da Montecitorio. Sul provvedimento pesa, però, la "minaccia" del ministro Matteoli che, senza un contingentamento dei tempi, ha annunciato l'emanazione di un decreto legge ad hoc per far entrare in vigore le nuove norme prima dell'esodo estivo.

Tensioni nella maggioranza rallentano i provvedimenti in materia di giustizia. Il provvedimento di riforma della professione forense, presentato il 21 maggio 2008, è ancora fermo, in prima lettura, all'esame dell'assemblea di Palazzo Madama. Stessa sorte per il ddl costituzionale sullo "scudo giudiziario" per le alte cariche dello Stato, pure lui fermo al primo esame della commissione Affari costituzionali del Senato. Ed è sempre più probabile uno slittamento del voto definitivo per dopo l'estate, anche a causa dello stop all'applicazione della legge (ordinaria) per il neo ministro Brancher.

Discorso a parte, merita il ddl sulle intercettazioni telefoniche. La commissione Giustizia della Camera se ne occuperà ancora questa settimana, ma ormai sembrano ridotte al lumicino le speranze del Governo di varara la legge prima delle vacanze estive. Slitterà a dopo l'estate, anche, l'approvazione definitiva della Carta dei doveri della pubblica amministrazione, attualmente, all'esame della commissione Affari costituzionali del Senato, dopo il via libera della Camera, dello scorso 9 giugno.

Andamento lento per il cosiddetto "collegato lavoro", approvato una prima volta dalla Camere, ma rinviato al Parlamento dal Capo dello Stato, lo scorso 31 marzo per presunte violazioni della Costituzione. Attualmente, il provvedimento, passato il nuovo esame alla Camera, ha superato lo scoglio delle commissioni al Senato, che, però, hanno rimodificato la versione uscita da Montecitorio sulla discussa norma sugli arbitrati. Il testo, secondo quanto riferisce il relatore Maurizio Castro (Pdl) arriverà in aula a Palazzo Madama, entro la prima decade di luglio. Bisognerà poi approvarlo e rimandare l'intero provvedimento, in settima lettura, alla Camera. Ed è molto probabile che il via libera definitivo possa arrivare a settembre, di rientro dalla vacanze.

Cammino a rilento pure per il disegno di legge sul testamento biologico, presentato alle Camere il 29 aprile 2008 e, approvato, dal Senato il 26 marzo 2009, e ora, attualmente, fermo all'esame della commissione Affari sociali di Montecitorio, che dovrebbe (ma anche qui il condizionale è d'obbligo) licenziarlo per l'aula entro la prima metà di luglio. Ma ormai senza nessuna chanche di arrivare al voto finale prima dell'autunno inoltrato.

martedì 29 giugno 2010

L'Aquila e le cose non dette !!!


......Ieri mi ha telefonato l'impiegata di una società di recupero crediti,per conto di Sky.  Mi dice che risulto moroso dal mese di settembre del 2009.
Mi chiede come mai.  Le dico che dal 4 aprile dello scorso anno ho lasciato la mia casa e non vi ho più fatto ritorno.  Causa terremoto.
Il decoder sky giace schiacciato sotto il peso di una parete crollata.  Ammutolisce.
Quindi si scusa e mi dice che farà presente quanto le ho detto a chi di dovere.
Poi, premurosa, mi chiede se ora, dopo un anno, è tutto a posto.
Mi dice di amare la mia città, ha avuto la fortuna di visitarla un paio di anni fa.
Ne è rimasta affascinata. Ricorda in particolare una scalinata in selci che scendeva dal Duomo verso la basilica di Collemaggio.
E mi sale il groppo alla gola.  Le dico che abitavo proprio lì.  Lei ammutolisce di nuovo. Poi mi invita a raccontarle cosa è la mia città oggi.
Ed io lo faccio.  
Le racconto del centro militarizzato.
Le racconto che non posso andare a casa mia quando voglio.
Le racconto che, però, i ladri ci vanno indisturbati.
Le racconto dei palazzi lasciati lì a morire.
Le racconto dei soldi che non ci sono, per ricostruire.
E che non ci sono neanche per aiutare noi a sopravvivere.
Le racconto che, dal primo luglio, torneremo a pagare le tasse ed i contributi, anche se non lavoriamo.
Le racconto che pagheremo l'i.c.i. ed i mutui sulle case distrutte. E ripartiranno regolarmente i pagamenti dei prestiti.
Anche per chi non ha più nulla. Che, a luglio, un terremotato con uno stipendio lordo di 2.000 euro vedrà in busta paga 734 euro di retribuzione netta.
Che non solo torneremo a pagare le tasse, ma restituiremo subito tutte quelle non pagate dal 6 aprile.
Che lo stato non versa ai cittadini senza casa, che si gestiscono da soli, ben ventisettemila, neanche quel piccolo contributo di 200 euro mensili che dovrebbe aiutarli a pagare un affitto.
Che i prezzi degli affitti sono triplicati. Senza nessun controllo.
Che io pago ,in un paesino di cinquecento anime, quanto Bertolaso pagava per un appartamento in via Giulia, a Roma.
La sento respirare pesantemente. Le parlo dei nuovi quartieri costruiti a prezzi di residenze di lusso.
Le racconto la vita delle persone che abitano lì. Come in alveari senz'anima. Senza neanche un giornalaio. O un bar.
Le racconto degli anziani che sono stati sradicati dalla loro terra.
Lontani chilometri e chilometri.
Le racconto dei professionisti che sono andati via. Delle iscrizioni alle scuole superiori in netto calo. Le racconto di una città che muore.
E lei mi risponde, con la voce che le trema.
" Non è possibile che non si sappia niente di tutto questo. Non potete restare così. Chiamate i giornalisti televisivi. Dovete dirglielo.
Chiamate la stampa. Devono scriverlo."

.......  voi, intanto, ditelo ai vostri conoscenti  !!!

venerdì 25 giugno 2010

D'Asdia, Calzona e Misiti: usando materiali e tecnologie nnovative il ponte sullo Stretto può costare meno ed essere ancora più sicuro


Il ponte sullo Stretto di Messina si può realizzare nei tempi previsti e con un forte risparmio rispetto ai costi degli anni ottanta.
È quanto ha affermato l’on. Aurelio Misiti, portavoce nazionale MPA, nel corso dell’incontro dibattito organizzato a Roma dal Copit, Comitato di Parlamentari per l’Innovazione Tecnologica.

All’incontro, presieduto dagli onorevoli Mario Tassone e Silvano Moffa, hanno portato il loro contributo tecnico-scientifico i professori ingegneri Piero D’Asdia, dell’Università di Chieti-Pescara;  Remo Calzona e Aurelio Misiti, dell’Università Sapienza di Roma.
Il passaggio dal progetto preliminare a quello definitivo sarà l’occasione – ha spiegato Misiti – per aggiornare l’impostazione che risale agli anni ottanta e tenere conto delle nuove tecnologie in termini di scienza dei materiali, di aerodinamica e di organizzazione dei cantieri offshore.
La scienza e la tecnologia dei materiali ha conseguito importanti risultati negli ultimi venti anni e consentirà di utilizzare leghe più leggere e meno costose per realizzare le funi, che costituiscono uno dei tre elementi portanti del ponte. Così pure per l’impalcato, secondo elemento portante, e cioè la struttura su cui transitano i veicoli – ha affermato il prof. Misiti – l’avanzamento nella sperimentazione aerodinamica consentirà un impatto più “dolce” con i venti e la possibilità di separare la mobilità su gomma da quella su ferro, progettando una sezione che consenta di realizzare il passaggio dei veicoli su due livelli.
A questo fine il Movimento per le Autonomie MPA – è stato annunciato dal portavoce nazionale del partito – ha presentato emendamenti alla manovra economica in discussione al Parlamento, per un totale di cento milioni di euro, che prevedono la realizzazione di due grandi laboratori scientifici situati a Messina e a Reggio Calabria. Il primo, di Scienza e tecnologia dei nuovi materiali, da affidare a un consorzio delle tre Università siciliane con Sapienza di Roma e il secondo, di aerodinamica e aeroelasticità, da affidare a un consorzio delle tre Università calabresi con il Politecnico di Milano.
L’esperienza ultra ventennale di consolidamento dei terreni in profondità marine – ha poi aggiunto l’on. Misiti – dovrà essere verificata dai progettisti al fine di esplorare la possibilità di installare le torri, terzo elemento portante, direttamente in mare. In tal caso si avrebbero due immediate conseguenze importanti: un consistente vantaggio economico sugli espropri e l’avvicinamento delle due torri, che porterebbero ad un valore dell’investimento più contenuto e remunerato solo dal pedaggio, senza spese per lo Stato.
Una campata di poco più di duemila metri – ha spiegato Misiti – pur rimanendo la più lunga al mondo, sarebbe meno esposta agli imprevisti della mancanza assoluta di esperienze simili.
Vale la pena di indagare sulle possibili innovazioni da inserire nel progetto definitivo, anche se si tratterà di allungare i tempi della progettazione di almeno un anno, perché con le modifiche che comunque si dovranno inserire a un progetto concepito negli anni ottanta, si potrà risparmiare altrettanto nel tempo di realizzazione.
L’evoluzione solo progettuale può essere decisa di comune accordo tra la committenza pubblica e il contraente generale in quanto, pur modificando eventualmente il quadro economico, non cambia l’oggetto dell’appalto. Si potranno registrare invece – ha concluso Misiti – notevoli effetti positivi di carattere ambientale e paesaggistico, nonché adeguamenti progettuali corrispondenti a studi e ricerche recenti che riducono drasticamente le variabili incognite a suo tempo segnalate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, alla cui valutazione il progetto definitivo dovrà essere sottoposto per il necessario parere.

Idee per tentare di sbrogliare la matassa !

dal sito "bacheca di Lello Agostino" del 24,6,2010


Proposte "per uscire dall'empasse" di Riccardo BARBERI e Lello AGOSTINO della Facoltà di SS.MM.FF.NN.

giovedì 24 giugno 2010

Sun, Ingegneria a rischio soppressione

 da sito CorrieredelMezzogiorno del 21.6.2010

Stop a esami e lauree nella facoltà. Parte lo sciopero contro i tagli, protestano prof e ricercatori
CASERTA — La sopravvivenza della Facoltà di Ingegneria della Seconda Università di Napoli potrebbe essere seriamente in pericolo. Dopo aver unificato due corsi di laurea, la Facoltà rischia, infatti, di perderne altri tre. Colpa dei tagli previsti dalla finanziaria e della riforma universitaria che penalizza fortemente il ruolo e la funzione soprattutto dei ricercatori, sui quali si regge una buona parte dell’attività didattica degli atenei italiani. Da qui la decisione, condivisa da molti professori ordinari e associati, di bloccare, anche alla Sun, gli esami di profitto e di laurea a partire da lunedì, come hanno già fatto le Facoltà di Ingegneria delle Università di Cassino, Parthenope e Sannio.

Una scelta dura, per molti versi impopolare, ma inevitabile. «Ci abbiamo pensato molto, abbiamo sperato di non arrivare a tanto, ma siamo stati costretti a intraprendere questo tipo di protesta, consapevoli che, purtroppo, è l’unico mezzo che ci rimane per far sentire la nostra voce e far arrivare al Governo il grave disagio che stiamo vivendo» dice Francesco Caputo, ricercatore ad Aversa. Un gesto che ha il tono dell’estrema ratio, insomma, e che, comunque, pare aver già ottenuto qualche risultato. Ovvero l’appoggio bipartisan (da destra e da sinistra) ad una iniziativa promossa dal deputato casertano Pd, Stefano Graziano. Il parlamentare ha invitato, infatti, gli altri colleghi campani a condividere e a sottoscrivere tre emendamenti da proporre al testo di riforma dell’Università, per ora al Senato, fondamentali per il futuro del sistema universitario e, soprattutto, degli atenei meridionali. «No ai tagli dei finanziamenti, riconoscimento giuridico dei ricercatori, eliminazione del blocco del turn over»: sono i tre argomenti intorno ai quali ruota la richiesta di Graziano, accolta e condivisa in toto dalla collega del Pdl Giovanna Petrenga. «Sono pronta a sottoscrivere questi emendamenti e ad appoggiare l’iniziativa di Graziano» ha detto la Petrenga.
L’auspicio è che i due parlamentari siano solo i primi sottoscrittori. «Spero che su questi temi cruciali per l'efficace funzionamento dell’università — afferma Graziano — tutti imiei colleghi sappiano mostrare la giusta condivisione per una battaglia indispensabile per il futuro del Paese». L’iniziativa di Graziano sembra, comunque, aver aperto uno spiraglio nella vertenza dei docenti in agitazione. «E’ un segnale incoraggiante che speriamo abbia un seguito concreto» dice Caputo. Che aggiunge: «Non vogliamo danneggiare nessuno, meno che mai i nostri studenti, ai quali, anzi, chiediamo, appoggio e sostegno, così come ce lo aspettiamo dall’intera pubblica.
Lidia Luberto

domenica 20 giugno 2010

Ricercatori sul piede di guerra: a rischio migliaia di insegnamenti in tutta Italia

di Laura Montanari - pubblicato su sito repubblica.it il 20.6.2010


SONO più di cinquemila, pronti a disertare le cattedre. I ricercatori, contro la riforma dell'università, promettono lo sciopero della didattica. «Non spetta a noi tenere i corsi, l'abbiamo fatto per trent'anni e gratis, ora basta», dicono. Un numero che cresce di settimana in settimana e che preoccupa i presidi delle facoltà e i rettori, alle prese con la programmazione del nuovo anno accademico. Se a settembre queste cifre venissero confermate, migliaia di insegnamenti potrebbero rimanere senza un prof.

Contestano la riforma Gelmini che introduce la figura del ricercatore a tempo determinato, relegando chi è già dentro l'università su una specie di binario morto. Se la prendono col governo che taglia i fondi per la formazione e la ricerca. A Tor Vergata, l'11 giugno, una ventina di ricercatori ha tenuto gli esami indossando la maglietta con la scritta: «Ricercatore fuori produzione. Disponibile fino a esaurimento delle scorte». Sul tema è intervenuto anche il presidente della Crui, la conferenza dei rettori, Enrico Decleva: «Se passa la riforma bisogna prevedere piani straordinari di assunzioni, circa duemila posti all'anno per il riassorbimento degli attuali ricercatori che lavorano già nelle università e che possono diventare professori associati».

Uno dei due coordinamenti nazionali, il "29 Aprile", tiene monitorata la protesta e assicura: sono oltre 5mila i ricercatori che, in 23 atenei su 66, hanno già aderito allo sciopero della didattica. «Alla Federico II - spiega da Napoli Alessandro Pezzella - sono circa 400 su un totale di 700 quelli che hanno dichiarato di non essere disponibili a insegnare». All'università di Firenze circa 200, «A Torino su 867 ricercatori interpellati - dicono al coordinamento - il 53% aderisce alla protesta, a Pavia il 64, a Padova il 72, a Cagliari il 69 per cento».

I numeri sono provvisori e la tabella subisce mutamenti quotidiani. «La legge ci assegna compiti di didattica integrativa - spiega Loris Giorgini, di Bologna - significa che dovremmo collaborare con ordinari o associati, invece teniamo anche più corsi all'anno». «E adesso - aggiunge Piero Graglia, della Statale di Milano - si inventano di rendere precario il ruolo del ricercatore con un contratto triennale rinnovabile per due sole volte». Graglia sottolinea, però, che all'origine dello scontento c'è pure altro: «Faccio il ricercatore, a me preme avere i fondi per portare avanti i miei studi e invece qui si rendono precari ruoli e finanziamenti. Si parla di riforme a costo zero, mai di investimenti».

Hanno cominciato i ricercatori per il riconoscimento dello stato giuridico, ma ora si fanno sentire ordinari e associati i cui scatti stipendiali (come per i ricercatori) vengono bloccati dalla manovra economica. A Cassino, a Lettere e a Ingegneria dal 15 giugno sono sospesi esami e tesi. «Si fa eccezione per gli studenti Erasmus o per chi rischia di perdere la borsa di studio - dice Giancarlo Schirru, ricercatore di Linguistica - Vogliamo capire cosa andrà la conversione in legge del decreto». Adesioni sono arrivate da Napoli e dal Sannio.

La saldatura dello scontento, per una ragione o per l'altra, trasversale alle tre figure della docenza fa prevedere un autunno complicato negli atenei. A Pisa, tre facoltà hanno votato mozioni per il blocco della programmazione didattica e Scienze minaccia uno stop alle immatricolazioni in alcune lauree. C'è poi la rabbia dei docenti a contratto, precari reclutati anche a costo zero, per insegnare in facoltà e tenere esami. Sono gli invisibili degli organici accademici, cattedre che non sfuggono, neppure loro, ai tagli della manovra.

Quagliariello (PdL): la riforma dell'Università non è insabbiata !

Moniga del Garda (Bs), 19 giu. (Apcom) - "La riforma dell'università sarà approvata dal Senato prima della pausa estiva". Ad affermarlo è il vice capogruppo del Pdl al Senato Gaetano Quagliariello, a margine del convegno della formazione 'Liberamente'. Quagliariello ha poi dichiarato che quella dell'università "è una buona riforma e direi epocale, è stata migliorata in commissione, ha fatto tutto il percorso parlamentare e siamo sopra i mille emendamenti".
Quagliariello ha poi respinto le accuse dell'editorialista del Corriere della sera Francesco Giavazzi, che ha parlato di un insabbiamento della riforma: "Non c'è nessun insabbiamento - ha dichiarato Quagliariello - la riforma è pronta per l'Aula del Senato che la voterà prima della pausa estiva".

sabato 19 giugno 2010

Una riforma insabbiata ?!

da sito corriere.it del 19.6.2010

Nei primi sei mesi di questo governo Mariastella Gelmini, uno dei ministri allora più attivi, lavorò ad un ampio progetto di riforma dell’università. Affinché nessuno potesse aver dubbi sulla serietà delle sue intenzioni, nel novembre 2008 ella portò in Consiglio dei ministri un decreto legge che da un giorno all’altro fece saltare migliaia di concorsi universitari, sui cui risultati le baronie accademiche si erano accordate prima ancora che le commissioni giudicatrici si riunissero. Lo sgomento fu tale che il progetto avanzò speditamente: la riforma era pronta nel gennaio 2009. Per portarla in Consiglio dei ministri fu necessario attendere nove mesi, un tempo perduto senza alcun motivo. Il governo finalmente la approvò il 28 ottobre 2009. Quel giorno, accompagnando il ministro Gelmini nella presentazione alla stampa della nuova legge, Giulio Tremonti disse: «Quella dell’università è una nostra grande riforma ».
Era anche un’occasione per dimostrare in modo concreto che la svolta riformatrice annunciata da Berlusconi (addirittura la proposta di cambiare la Costituzione per introdurvi principi liberisti) non si limita a qualche chiacchiera durante i talk-show. La commissione Istruzione del Senato ha studiato il progetto per otto mesi, lo ha modificato in più punti, e il 19 maggio scorso lo ha approvato e passato all’Aula per la votazione finale. L’intenzione era di procedere rapidamente, in modo che la legge potesse essere trasmessa alla Camera in giugno e definitivamente approvata prima dell’inizio del nuovo anno accademico. Settimana dopo settimana, il voto nell’aula del Senato viene prima posto in calendario, poi rimandato. A questo punto è improbabile che la Camera ne discuta prima dell’estate. In autunno il Parlamento è impegnato nella legge Finanziaria: di riforma dell’università si ricomincerà a discutere a gennaio 2011, due anni dal giorno in cui il ministro ne concluse la stesura. Questo con un governo che dispone di una maggioranza amplissima e che non si fa scrupolo nell’usare il voto di fiducia per questioni forse un po’ meno importanti del futuro dei nostri figli.
Nel frattempo le università stanno lentamente morendo, pur continuando a produrre privilegi per pochi e sofferenza per i più. La dedizione di molti insegnanti è ammirevole, ma i ricercatori migliori, appena possono, scappano altrove. La riforma Gelmini è lungi dall’essere una legge ideale. Ma è un passo avanti, soprattutto nelle nuove modalità di reclutamento. Perché è stata fermata? Forse nella maggioranza hanno prevalso i vecchi baroni che dopo lo scacco del novembre 2008 oggi si sono ripresi e difendono i privilegi che la riforma sottrae loro (pochi peraltro). Forse l’iniziale popolarità del ministro lombardo dell’Università ha preoccupato la Lega, che per lei ha decretato la sorte che è toccata a Venezia a Renato Brunetta, lui pure giudicato un concorrente pericoloso di Giulio Tremonti e dei lumbard. Forse il governo ha semplicemente scelto di lasciar morire l’università per lento soffocamento. I ricchi possono sempre mandare i loro figli a studiare in Inghilterra. I poveracci meglio se all’università non ci vanno: continuino a guardare la tv e non leggano troppi libri, così non si faranno venire strane idee.
di Francesco Giavazzi
19 giugno 2010

ma la Gelmini afferma il contrario

da virgilio notizie del 19.6.2010

Monica del Garda (Bs), 19 giu. (Apcom) - La riforma dell'università dovrebbe essere approvata entro l'estate, l'iter procede e non c'è alcuno stop. Ad affermarlo è il ministro dell'Istruzione Maria Stella Gelmini, a margine della presentazione della Fondazione 'Liberamente' voluta da alcuni ministri del governo per diffondere il pensiero del Pdl.
"Io penso che si riesca ad approvare la riforma entro l'estate, è stato completato l'esame della commissione in Senato e a breve inizierà il passaggio in Parlamento. L'iter procede, non c'è alcuno stop", ha dichiarato la Gelmini.
Per il ministro la riforma è "indispensabile per la qualità dell'università e l'obiettivo è di intervenire sulla governance degli atenei e quindi sulla distribuzione delle risorse, così come sul ricambio generazionale e sui sistemi di valutazione e di reclutamento". Con il passaggio in Parlamento la Gelmini si augura che "possa migliorarla e non annacquarla perché è indispensabile".

giovedì 17 giugno 2010

Interessante intervento di Valditara (PdL) su manovra economica ed università

7ª Commissione permanente - Resoconto sommario n. 220 del 15/06/2010

ISTRUZIONE PUBBLICA, BENI CULTURALI (7ª)

MARTEDÌ 15 GIUGNO 2010
220ª Seduta

Presidenza del Presidente POSSA

La seduta inizia alle ore 14,30.


(2228) Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica


Il senatore VALDITARA (PdL) fa presente di aver fino ad ora appoggiato in maniera convinta le scorse manovre finanziarie, sostenendo anche alcune misure dolorose, nella consapevolezza che l'università e la scuola dovessero essere razionalizzate. In proposito rammenta di essere stato a suo tempo favorevole al taglio degli organici della scuola, che era stata troppo spesso concepita come luogo di collocamento, nonché al decreto-legge n. 180 del 2008 che ha avuto il merito di rovesciare la cosiddetta "piramide" ossia l'elevato numero di docenti ordinari rispetto a quello di associati e ricercatori. Rimarca altresì che, in virtù degli interventi dell'Esecutivo in carica, si è registrata una positiva contrazione dei corsi di laurea pari a circa il 20 per cento, riportando l'Italia in linea con il resto d'Europa. Ricorda del resto che nel Documento di programmazione economico-finanziaria del 2009 il Governo aveva sottolineato come il numero di professori e ricercatori in Italia fosse inferiore alla media OCSE. Giudicando polemici più nella forma che nella sostanza alcuni interventi dell'opposizione, non ritiene tuttavia convincente la manovra per quanto concerne la scuola, l'università e la ricerca e chiede con forza che lo schema di parere recepisca un'esigenza reale di cambiamento, altrimenti il suo voto sarà contrario. Ripercorre indi gli effetti, a partire dal 2011, delle passate misure sull'università, deplorando che il provvedimento in esame confermi il taglio di un miliardo e 300 milioni di euro per il settore. Stigmatizza infatti che nel 2011 si registrerà un gap tra spesa per il personale e Fondo di finanziamento ordinario (FFO), al netto dei pensionamenti e considerando il blocco delle assunzioni, tale da impedire la vita stessa degli atenei. Segnala del resto che il FFO ha diverse finalità, non esclusivamente destinate al pagamento degli stipendi. Reputa dunque inevitabile che con questi tagli le università non possano sopravvivere, tanto più che sono decurtati anche i finanziamenti per i dottorati di ricerca e per borse a favore dei giovani. A tale ultimo riguardo, ricorda con compiacimento che il decreto-legge n. 180 del 2008 aveva consentito la piena corresponsione delle borse ai meritevoli, mentre oggi vi è il rischio che oltre un terzo degli aventi diritto sarà privo di sostegno. Esprime poi preoccupazione per le conseguenze del blocco dei contratti e degli scatti stipendiali per gli insegnanti e professori, sottolineando come la perdita netta per i docenti non valga il sacrificio, tenuto conto che i risparmi sono pari a circa 300 milioni di euro e che le loro retribuzioni sono le più basse d'Europa. Rilevando criticamente come la professione docente sia poco valorizzata, giudica inopportuna la misura soprattutto alla luce del decreto-legge n. 180 del 2008 e del disegno di legge n. 1905, in quanto si prevede la fine degli automatismi stipendiali e l'avvio di un processo meritocratico. Desta peraltro stupore che per i magistrati sia possibile recuperare la perdita derivante dal blocco degli scatti mentre ciò non sia previsto per i professori. Sollecita dunque una più attenta riflessione, pur riconoscendo che la congiuntura sia alquanto delicata e che occorra eliminare gli sprechi. Afferma tuttavia che l'università non può essere considerata affatto uno spreco e dà atto al ministro Gelmini di aver fino ad ora operato positivamente per ridurre le inefficienze. In relazione alla cultura, prende atto con soddisfazione che l'intervento originario del ministro Tremonti, che pareva esautorare l'autonomia del ministro Bondi, sia stato ricondotto ad un criterio di ragionevole responsabilizzazione, tanto più che il metodo inizialmente adottato non risultava opportuno. Invita pertanto il Presidente relatore e la maggioranza ad un'azione fattiva per modificare il provvedimento, tenuto conto che potrebbero essere introdotti interventi strutturali come ad esempio si è verificato in Francia o nei Paesi anglosassoni, anche puntando a ridurre le spese per gli acquisti delle pubbliche amministrazioni, aumentate in alcuni comparti del 50 per cento, nella prospettiva di finanziare i settori strategici del sapere. Non concorda peraltro con i limiti alle assunzioni a tempo determinato nelle università, fissati al 50 per cento delle spese del 2009, né con i tagli alle missioni all'estero anche se finanziate con fondi esterni, poiché si penalizzano le università più virtuose che riescono ad ottenere risorse dall'esterno. In conclusione, richiamando la scelta degli Stati Uniti e della Germania di investire su università e ricerca proprio in momenti di crisi, ribadisce con forza il proprio dissenso rispetto al taglio di 1,3 miliardi di euro sull'università, chiedendo che sia recepito nel parere.

mercoledì 16 giugno 2010

Mel Gibson: "la Calabria è un paradiso"


(AGI) - Catanzaro, 16 giu. - C'e' chi vorrebbe dividere in due l'Italia e c'e' chi invece non ha dubbi e stravede per il nostro Meridione. E' il caso di Mel Gibson, attore recentemente apparso sugli schermi nei panni del detective Thomas Craven nel thriller "Fuori Controllo", ma anche regista di pellicole controverse come "Apocalypto" e "La Passione di Cristo", girata quasi interamente in Basilicata. Una vera e propria adorazione per la Lucania quella di Gibson che, tuttavia, non gli ha impedito di apprezzare tutto il Sud della Penisola, in particolare la Calabria. Un'autentica scoperta per l'attore australiano, che pare sia rimasto sconvolto dalla perfezione e dai panorami mozzafiato della Sila durante una delle sue escursioni nelle pause dal set. D'altra parte l'amore per l'Italia del premio Oscar non e' nuovo. Ne aveva gia' parlato diffusamente con il New York Times, il Guardian e il Times. Ma ora c'e' una novita': a rivelarla sono molteplici giornali online di gossip, che riportano voci provenienti da oltreoceano. Su questi siti rimbalza la notizia secondo cui presto Mel fara' ritorno proprio in quei luoghi per acquistare casa. E' probabile che si tratti di un vecchio cascinale molto simile al resort pugliese Il Melograno, dove aveva pernottato anni fa e che lo aveva colpito. Si parla di Calabria Jonica, che ultimamente sta suscitando un vivo interesse negli Stati Uniti anche grazie al film italiano Le quattro volte, presentato al Festival del Cinema di Cannes. Che Mel Gibson avesse un bellissimo ricordo del nostro Paese, del resto, e' cosa nota. "Quando arrivai a Matera la vidi e ne rimasi totalmente rapito...era perfetta!". Anche il quotidiano britannico The Guardian ha raccontato della sua passione, e' proprio il caso di dirlo, per la nostra Italia meridionale: "Per Mel Gibson queste antiche colline sono di una bellezza mozzafiato. Un luogo pieno di grotte color sabbia e bianche abitazioni, alcune vecchie piu' di 2000 anni. Uno scenario che da' vita a un'atmosfera senza tempo". Alla luce di cio', non stupisce ora l'innamoramento del celebre attore e regista per la regione dei Bronzi di Riace, visto che proprio di recente il New York Times ha largamente elogiato l'abilita' dei contadini calabri a produrre prelibatezze come la 'nduja e la manna, che sta tornando nei menu' della Grande Mela, e Le Figaro le dedica un ampio articolo sottolineando invece la giovialita' di un territorio ancora inesplorato e che offre ai suoi visitatori paesaggi meravigliosi. Non da meno gli apprezzamenti da parte degli inglesi che, sulle pagine del Guardian, descrivono la "poco conosciuta costa tirrenica" come "una delle piu' belle perle segrete italiane"

Giovannini confermato (di misura) Rettore della Mediterranea

Se i ricercatori, come all'UniCal, avessero pesato quanto i docenti ordinari ed associati, il risultato sarebbe diverso!

Massimo Giovannini (Roma, 6.8.1945)
Rettore Università Mediterranea 2010-2014
secondo mandato

lunedì 14 giugno 2010

Asili nido in Italia: prima l'Emilia Romagna, penultima la Calabria, ultima la Campania

ROMA - L'Emilia Romagna detiene ancora il primato degli asili nidi, sia in termini di bambini iscritti (24%) sia di percentuale di comuni in cui e' presente il servizio (81,8%). Lo afferma l'Istat nel rapporto sull'offerta comunale degli asili nido. Seguono nella classifica la Valle d'Aosta (oltre il 20%) e si chiude con la Campania (1,7%) e la Calabria (2,3%). In generale il nord - est mantiene livelli superiori rispetto al resto d'Italia con un incremento continuo dell'offerta comunale in tutte le regioni: 15,2% dell'indicatore di presa in carico nell'anno scolastico 2008/2009. Buono anche l'andamento al Centro (14%). Nei comuni del Centro si registra un maggior numero di bambini iscritti rispetto al alla media del Nord-ovest (12,9%) nell'arco di cinque anni. L'aumento e' dovuto prevalentemente all'Umbria e al Lazio: nel primo caso la crescita si concentra nell'ultimo anno grazie al potenziamento dei contributi erogati dai comuni per l'abbattimento delle rette, che porta la regione a uno dei piu' alti indicatori di presa in carico (18,6%); nel Lazio invece l'incremento e' graduale, dall'8,5% del 2004 all'11,8% del 2008. Inferiori alla media nazionale i parametri nel meridione con qualche incremento del numero degli iscritti in Basilicata, Abruzzo e in Molise. In Puglia e' invece cresciuto il numero dei comuni in cui e' presente il servizio. (RCD)

domenica 13 giugno 2010

Ichino ed i "superstage trappola" della Regione Calabria







Università: probabile class-action dei docenti a contratto

da larepubblica.it del 13.6.2010
 
Sull’università italiana, alle prese con cronici problemi di sottofinanziamento, sta per abbattersi una tegola giudiziaria che potrebbe far sballare i bilanci di molti atenei che in questi anni hanno attinto all’inesauribile bacino dei “docenti a contratto” in maniera un po’ troppo disinvolta. Accanto ai professori “strutturati” (ordinari e associati) e ai ricercatori, incardinati nel sistema accademico, esiste infatti una larghissima fetta di freelance della cattedra - “esterni” all’università - che di fatto svolgono le loro stesse mansioni (insegnamento frontale, ricevimento degli studenti, esami e sedute di laurea) percependo però un compenso simbolico e talvolta addirittura gratis. Il tutto senza alcun trattamento assistenziale e previdenziale. Un’evidente disparità che l’associazione di consumatori Codacons si propone di sanare attraverso una class action di portata nazionale.

Docenti discriminati. Il presidente del Codacons, l’avvocato Carlo Rienzi, fa una stima del fenomeno: “Oggi, in un pullulare di nuovi corsi di laurea, a fronte di un 45% circa di professori strutturati, ivi compresi i ricercatori, il 55% del corpo docente è composto da professori a contratto che, pur essendo impegnati in mansioni del tutto paritetiche a quelle dei docenti interni, ricevono un trattamento economico a dir poco insignificante e sono privi di qualunque tutela assistenziale e previdenziale”. Per questo il Codacons ha deciso di schierarsi a difesa dei diritti che finora sono stati negati ai professori a contratto e di agire con un’azione giurisdizionale contro le Università e i Ministeri responsabili di un simile “caso” tutto italiano.

Correva l’anno 1998. La figura del docente a contratto nasce per decreto, firmato dall’allora ministro dell’Università Luigi Berlinguer, con lo specifico compito di “sopperire a particolari e motivate esigenze didattiche”: grazie a questa norma le università possono stipulare, laddove lo ritengano necessario, contratti di diritto privato con “studiosi od esperti di comprovata qualificazione professionale e scientifica” per l’insegnamento nei corsi e per lo svolgimento di attività didattiche integrative. Ben presto, però, quella che doveva essere una misura “eccezionale” diventa la regola e in pochi anni - complice anche la riforma del 3+2 e la conseguente moltiplicazione delle cattedre - sono sempre di più i corsi che vengono “appaltati” a professori a contratto low cost. Nel 2007 il decreto Mussi fissa un tetto del 50% agli insegnamenti affidati a contratto in ciascun corso di laurea, ma si tratta di una misura tardiva e poco incisiva: il fenomeno ha ormai assunto una dimensione preoccupante.

I furbetti del “contrattino”. Le cifre dell’Ufficio di Statistica del Miur, peraltro, confermano in pieno il ricorso massiccio degli atenei al bacino dei “contrattisti” per l’affidamento di moduli didattici all’interno delle facoltà. Il tutto a fronte di un sostanziale immobilismo nelle categorie dei docenti “strutturati”, rilevato al 31 dicembre di ciascun anno accademico: nel 2002 gli ordinari erano 18.131, nel 2008 18.929 (con un picco nel 2006, 19.845); stesso discorso per gli associati, che nel 2002 erano 18.502 e nel 2008 18.256. Variazioni poco significative. I docenti a contratto, invece, hanno avuto fin da subito un peso importante e crescente anno dopo anno, con veri e propri exploit: i titolari di insegnamenti ufficiali e/o attività didattiche integrative nel 2002 erano 31.775, nel 2008 ben 48.692 (con un picco di 51.365 nel 2007). Prova “provata” che le università hanno utilizzato lo strumento del “contrattino” per mantenere - e in taluni casi ampliare - l’offerta formativa “appaltando” intere cattedre all’esterno: una manna per il bilancio d’ateneo, che ora però potrebbe trasformarsi in un boomerang per i rettori.

Class action per tutti. La strategia processuale vagliata dal Codacons per i professori a contratto si snoda in due fasi distinte ma connesse tra loro: la prima consiste nella proposizione di un ricorso al Tar (Tribunale Amministrativo Regionale) che potrà essere intrapreso individualmente da ciascun docente universitario a contratto interessato; la seconda, a cui i professori a contratto ricorrenti al Tar potranno aderire gratuitamente, essendo loro richiesto solo il versamento di parte della quota di iscrizione all’associazione, consiste nella proposizione di una class action di portata nazionale. “Entrambe le azioni - sottolinea il presidente Rienzi - saranno volte al ripristino della legalità con conseguente riconoscimento in capo ai docenti del diritto alla corresponsione di una giusta retribuzione e del trattamento previdenziale e assistenziale, oltre al pagamento delle differenze retributive già maturate”.

venerdì 11 giugno 2010

Tremonti conferma la dieta per l'Università italiana

 da ilsole24ore del 11 Giugno 2010

Tremonti conferma la dieta per l'università italiana. Nel 2011, il fondo ordinario per il funzionamento degli atenei riceverà in dote, dallo Stato, 5,9 miliardi di euro, in calo del 17% rispetto al 2010 (quando l'assegno pesava 7,2 miliardi). Nel 2012, il fondo salirà a poco più di 6 miliardi, ma non potrà più contare sui, complessivi, 700 milioni (di cui 400, per il 2011) di aumento previsti nelle primissime bozze della manovra, cancellati, in fretta e furia, dalla versione ufficiale del provvedimento, pubblicato in Gazzetta lo scorso 31 maggio e, ora, sbarcato in Senato per la conversione definitiva in legge.

Per Giuseppe Valditara, senatore del Pdl e relatore del ddl sull'università, attualmente fermo a Palazzo Madama, tutto questo «bloccherà il sistema di premialità che abbiamo disegnato con la riforma degli atenei e soprattutto metterà in ginocchio le università, che potrebbero non essere più in grado di garantire l'erogazione del servizio pubblico». Valditara ha annunciato quindi che presenterà un emendamento ad hoc alla manovra per chiedere il ripristino per il 2011 delle risorse del Fondo di finanziamento per l'università e la cancellazione dello blocco degli scatti: «che - ha dichiarato - possono essere congelati, ma non spazzati via per sempre».

Del resto, la manovra non è stata tenera con gli atenei. A partire dalla sforbiciata lineare del 10% di tutte le spese dei ministeri, Viale Trastevere inclusa, che significherà, per le università, un ulteriore "alleggerimento" di circa 70 milioni, fino al 2013, sulla voce "istruzione universitaria". A essere più colpite, quindi, saranno tutte le "spese" che rappresentano il valore aggiunto della didattica, come le attività di laboratorio, i corsi di perfezionamento, le convenzioni università-lavoro.

C'è poi da fare i conti con la conferma del "blocco" del turn over, che penalizza, soprattutto, i precari e che, secondo la Flc Cgil, produrrà, di riflesso, una fuoriscita massiccia di personale da qui al 2015, stimata in circa un terzo di professori e amministrativi di ruolo. E se la manovra, ancora, esclude gli atenei dall'ulteriore riduzione del 20% (rispetto alle spese 2009) dei costi per studi e consulenze, dall'altra, mette mano al portafogli per quanto riguarda relazioni pubbliche, convegni, mostre, pubblicità e rappresentanza, che dovranno essere contenute di un analogo 20%, rispetto sempre all'anno prima. Bisognerà, invece, sforbiciare del 50% le spese per le "missioni estere", con penalizzazione per i viaggi e gli stage di istruzione fuori dall'Italia (tipo, progetti Erasmus e simili).

Pesante, anche, la norma che congela gli scatti d'anzianità, che produrrà una riduzione degli stipendi di circa il 6% della retribuzione, visto che gli aumenti, di norma, sono biennali e il blocco sarà in vigore per 3 anni. A essere penalizzati, però, sottolinea la Crui, la Conferenza dei rettori delle università italiane, saranno soprattutto «i docenti nelle prime fasi della carriera, in particolare di coloro che non risultano ancora confermati in ruolo, qualora l'applicazione del blocco degli scatti stipendiali restasse indifferenziato». Sarà, invece, meno oneroso il taglio degli stipendi, del 5% per redditi superiori ai 90mila euro lordi l'anno, che salirà al 10% per buste paga che vanno oltre la soglia dei 150mila euro. A interessare i professori universitari, spiegano fonti sindacali, sarà soprattutto il primo caso, visto lo stipendio medio di un ordinario è di 90.880 euro. Questo significa - di fatto - una perdita di 44 euro l'anno (il 5% di 880, la parte cioè eccedente il limite dei 90mila euro, fissato dalla legge). Non saranno invece toccati gli stipendi dei professori associati e dei ricercatori, che, in media, arrivano a percepire, rispettivamente, 62.750 e 43.790 euro l'anno. I docenti universitari, poi, dovranno fare i conti anche con la dilazione del Tfr. Anche qui, l'asticella è rappresentata dal valore dello stipendio. Se inferiore a 90mila euro, la buonuscita arriverà in unica soluzione. Per cifre superiori, l'assegno sarà diviso, in rate, in 3 anni.

Paradossali infine le norme sulla ricerca. Da un lato, rimette alle scelte dei ministeri la chiusura o meno di importanti istituti di ricerca scientifica, dall'altro, a sorpresa, accelera sul rientro dei giovani ricercatori che hanno trasferito la propria residenza all'estero per motivi di lavoro, con un'agevolazione fiscale, peraltro, nemmeno niente male: l'esclusione dalla formazione del reddito di lavoro autonomo o dipendente del 90% degli emolumenti derivanti dall'attività di ricerca o docenza svolta in Italia e della conseguente acquisizione della residenza fiscale nel territorio italiano. Il "bonus" decorrerà dal 1° gennaio 2011, per 3 anni, e arriverà in dote ai "cervelli" che decideranno di rientrare nel Belpaese nei prossimi 5 anni. Un'opportunità da non perdere. Anche se resta da capire, una volta rimpatriati, dove questi ragazzi andranno a svolgere la loro attività di ricerca.

domenica 6 giugno 2010

Negli Atenei inizia il fuggi fuggi

da Corriere del Veneto del 5.6.2010

 

Venezia e Padova a rischio. 
A Ca’ Foscari sei docenti restano ma a titolo gratuito, per garantire la ricerca

VENEZIA — Fuga dei professori ordinari dall’Università per evitare la manovra Tremonti: «Ce ne andiamo ma insegneremo lo stesso, e pure gratis». È un fuggi fuggi generale da tutti i settori quello che si sta verificando in questi giorni: è boom di richieste di pensionamento a decorrenza immediata. Il problema rimane lo stesso dei medici: l’obbligo di rateizzare il Tfr, se supera i 90 mila euro, in due o tre scaglioni. «I colleghi hanno fatto dei semplici calcoli economici — spiega Carlo Carraro, rettore di Ca’ Foscari — da noi la scelta riguarda sei professori. Quasi tutti per ragioni personali avevano bisogno del Tfr subito e hanno preferito fare richiesta di pensionamento anticipato. Noi ne abbiamo incentivato la permanenza con finanziamenti per la ricerca e così tutti alla fine garantiranno la loro presenza». Svolgeranno il loro incarico anche per l’anno accademico in arrivo, insomma, ma a titolo gratuito. Amore della professione ma anche un attaccamento al ruolo che da sempre ricorre nell’ambiente universitario.
I sei professori ordinari veneziani erano (e rimarranno) titolari di corsi fondamentali. «Con la loro assenza avrebbero creato vuoti difficili da riempire—dicono dal Rettorato—in alcuni casi saremmo andati in crisi». Anche all’Università di Padova si respira un clima di grande fermento: molti docenti prossimi al pensionamento si sono rivolti all’Ufficio del personale per chiedere chiarimenti. Lo conferma il rettore, Giuseppe Zaccaria: «Negli ultimi giorni ci sono state numerosissime domande di informazioni da parte dei colleghi, preoccupati soprattutto del possibile blocco del trattamento di fine rapporto. E tra loro non sono pochi quelli che vorrebbero anticipare i tempi e lasciare il lavoro prima di gennaio».
Diversa invece la situazione all’Ateneo di Verona. «Il Senato accademico ha approvato una legge nel gennaio di quest’anno che obbliga i professori alla pensione allo scoccare dei 70 anni—spiegano dal Rettorato—provvedimento che ci ha permesso di recuperare quasi 5 milioni di euro, perciò sono rimasti pochi professori in età da pensione». Qualche domanda dell’ultimo minuto è arrivata anche dai presidi delle superiori veneziane: le richieste sono passate da 48 a 51 in pochi giorni. «Non credo che la situazione sia esplosiva come negli altri campi — frena però Domenico Ticozzi dell’ITIS «Zuccante» — più di qualche collega ha comunque ammesso di aver deciso di andarsene a causa della manovra del governo».

Rinnovabili, i mini-impianti fanno esplodere la generazione distribuita

L’Authority riferisce il quadro generale degli impianti di generazione con potenza nominale inferiore a 10 MVA in Italia al 31 dicembre 2007 e al 31 dicembre 2008. Il ‘mini’ fotovoltaico trainala crescita per unità mentre idroelettrico e biomasse conducono il gioco della potenza.


(Rinnovabili.it) – Anni 2007 e 2008. Dai dati diffusi dall’ Autorità per l’Energia si è trattato di un biennio fortunato per il settore italiano della generazione elettrica distribuita (GD) che ha raggiunto, a fine del periodo sopracitato, circa il 6,5% della potenza efficiente lorda del parco di generazione nazionale.
In altri termini al 2008 risultavano installati in Italia 34.848 impianti di GD per una potenza efficiente lorda complessiva pari a 6.627 MW ed una produzione, sempre lorda, di 21,6 TWh. Dietro questa crescita ci sono soprattutto gli impianti di piccola generazione ossia quelli anche in assetto cogenerativo, con capacità fino a 1 MW.
Sul fronte delle fonti, un netto divario separa la GD dal mix caratteristico dell’intero parco di generazione elettrica italiano. E se nel 2007 il 53,9% dell’elettricità prodotta dagli impianti di generazione distribuita è di origine rinnovabile (per lo più idrica), nel 2008 la percentuale sale addirittura al 58,7%. Un dato che ben si differenza dall’80% dovuto a fonti non rinnovabili nella produzione totale di energia elettrica in Italia, per lo stesso biennio.
In riferimento alla piccola generazione sia nel 2007 che nel 2008, la produzione da fonti “verdi” è di poco superiore al 90% della produzione lorda totale (1,97 TWh).
Particolarmente interessante appare anche il rapporto tra unità istallate e capacità: la maggiore potenza è tutta ad appannaggio di idroelettrico (2,6 GW) e termoelettrico nel suo complesso (3,1 GW) mentre a dominare per numero di impianti sul territorio è il fotovoltaico (31.911 unità.)

sabato 5 giugno 2010

Casa Zero Energy: realizzata nell'ambito di un progetto di ricerca di Gruppo Polo Le Ville Plus e Università di Trento

da sito archiportale.com


03/06/2010 – Si chiama CASA ZERO ENERGY ed è il risultato del progetto di ricerca messo a punto da Gruppo Polo Le Ville Plus e dal Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli Studi di Trento. Si tratta della casa “intelligente” recentemente inaugurata in Friuli Venezia Giulia. Il taglio del nastro giunge dopo il Premio Innovazione di Legambiente 2009, e la presentazione del progetto al convegno “Sustainable Building” ospitato a Melbourne, in Australia.

Casa Zero Energy è un’abitazione di 450 metri quadrati, autosufficiente dal punto di vista energetico ed autonoma nella gestione degli impianti. Non è allacciata alla rete del gas metano, non utilizza nessun tipo di energia proveniente da fonti non rinnovabili e auto-produce energia da fonti alternative e non inquinanti come pannelli solari, fotovoltaici e pompa di calore.

Il progetto – spiega il prof. Antonio Frattari, responsabile del Laboratorio di Progettazione Edilizia del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli studi di Trento – nasce come prototipo su cui sviluppare sperimentazioni finalizzate a:
- istituire un laboratorio operante sul territorio che fornisca risultati ripetibili ed un’impostazione metodologica per la misurazione del risparmio energetico ottenibile da un impianto di gestione e controllo attraverso l’utilizzo di dispositivi domotici;
- verificare le potenzialità di un sistema di controllo e gestione tanto nella regolazione delle condizioni microclimatiche ambientali interne quanto dell’illuminazione perché vengano garantite le condizioni di benessere ottimali per la presenza umana;
- quantificare il contributo di una regolazione domotica dell’impianto di illuminazione, schermatura e termoregolazione per la riduzione al minimo dell’impegno energetico;
- verificare l’utilità e l’effettivo utilizzo di scenari per l’uso flessibile di sistemi solari passivi automatizzati.

La casa è posizionata verso il lato nord del suolo, in modo da lasciare il maggior spazio possibile a sud per il giardino e per gli spazi interni più vissuti come soggiorno, cucina, camere da letto. La facciata sud ha un’ampia vetrata che fa entrare luce e calore d’inverno e che viene schermata d’estate per evitare il surriscaldamento. La facciata nord invece presenta una serie di finestrature di piccole dimensioni che d’estate garantiscono la ventilazione notturna.

Tutta l’acqua piovana viene raccolta in un’apposita vasca dotata di un sistema di filtraggio e viene utilizzata per l’acqua degli scarichi del WC, per la lavatrice, per l’irrigazione dell’orto e del giardino e per l’acqua del laghetto balneabile.

Il sistema costruttivo utilizzato è stato brevettato da Gruppo Polo Le Ville Plus, che utilizza una struttura portante di travi e pilastri in legno lamellare di grossa sezione, tagliati su misura, sagomati e assemblati in cantiere mediante collegamenti ad incastro che agiscono per contatto o mediante carpenterie. Tale sistema sfrutta la flessibilità e la capacità di dissipazione di energia del legno:l’uso di collegamenti metallici con piastre e perni a scomparsa ne abbatte la fragilità, mentre la capacità elastica conferisce al sistema portante dell’edificio una buona capacità dissipativa e garantisce la massima continuità strutturale antisismica.
Le pareti sono “leggere”, realizzate da pannelli in legno ed elementi isolanti. Verso l’interno hanno un isolamento in fibra di legno naturale, mentre nella parte esterna sono interamente ricoperte dal rivestimento in sughero, il miglior isolante in natura.

Non solo rispetto per l’ambiente (non si è utilizzato alcun trattamento o vernice tossica), ma anche attenzione nella scelta dei materiali, cui è stato attribuito il compito di portare la natura dentro casa. La resina del pavimento, realizzata con pigmenti naturali, ricorda il colore scuro della terra. I sei tronchi che “abitano” la zona living (in legno lamellare di abete) ricreano un bosco “domestico” diventando scenografia d’effetto.
Pareti verdi evocano il verde dei campi di granoturco che circondano la casa e che in tal modo
sembrano prolungarsi all’interno.
Parte della copertura di Casa Zero Energy è realizzata con tetto verde: verso sud è un giardino sospeso vero e proprio, mentre nella parte rivolta a nord sono state scelte piante verdi meno bisognose di sole e a crescita lenta.

Il sistema domotico consente all’abitazione di percepire le variazioni di luminosità, temperatura,
umidità, e quindi attivare in modo autonomo l’accensione e la regolazione di riscaldamento, climatizzazione, apertura e chiusura degli infissi. Sul tetto è inoltre posizionata una centralina di captamento meteorologico che invia i dati direttamente al centro di controllo della casa che è in grado di autogovernarsi in base alle condizioni atmosferiche e alla programmazione scelta.

Al fine di stabilire una continuità con la tradizione architettonica del territorio friulano, sono state scelte finiture a km zero, materiali cioè locali, ma soprattutto prodotti “grezzi”che richiedono meno lavorazioni industriali possibili, nonché recupero di elementi di scarto. Il tetto è stato ad esempio realizzato coi tradizionali “coppi” fatti a mano delle case friulane di un tempo; i vecchi mattoni artigianali dell’ingresso principale o i pietroni del percorso pedonale sono invece scarti della lavorazione della pietra piasentina della zona di Cividale del Friuli.

La casa, abitata da 4 persone, verrà monitorata per 12 mesi in remoto dal Laboratorio di Progettazione Edilizia del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell’Università degli studi di Trento per analizzare il comportamento dell’edificio e delle tecnologie applicate.

venerdì 4 giugno 2010

Elezioni Mediterranea - Giovanni Alvaro: "Scacco matto a Giovannini in cinque mosse"

da strill.it del 3.6.2010


La ‘Mediterranea’, Università di Reggio Calabria, vive in questi giorni la cosiddetta crisi di crescita. L’occasione per manifestarsi è data dalla scadenza elettorale che sta impegnando il corpo docente per la scelta del nuovo Rettore, con in campo ben 4 candidati oltre all’attuale Rettore, Massimo Giovannini che, ovviamente, spera in una riconferma. Detta ipotesi, però, sembra abbastanza difficile da concretizzare stante la marginalità che ha vissuto la ‘Mediterranea’, in questi anni, e la voglia di cambiare registro.

La scesa in campo di 4 ‘oppositori’ dell’attuale Rettore dimostra, senza possibilità di smentita, quanto diffuso sia il malcontento che serpeggia nell’Ateneo reggino che non è mai riuscito a diventare un reale punto di riferimento di una città che ha cambiato non solo il look estetico, con le miriade di interventi urbanistici nelle piazze, sul territorio e l’uso sapiente della nuova Via Marina ch’è diventata, in estate, la movida calabrese; ma che ha saputo, con la intelligente guida di Scopelliti proporsi, nello scenario nazionale, non più solo come città violenta e di ‘ndrangheta, ma soprattutto come città operosa e impegnata culturalmente.
L’assenza dell’Università, purtroppo, si è sentita, ma questa assenza ha ‘favorito’ una nuova e forte presa di coscienza (crisi di crescita) sull’urgenza di ripensare la presenza ed il ruolo di un centro di studio, come l’Università, nel momento in cui è in corso una nuova fase per lo sviluppo di Reggio rappresentato dal ruolo di città metropolitana, dalle scelte inerenti il Ponte sullo Stretto, dal nuovo feeling con la dirimpettaia Messina, e dalla ‘baricentricità dell’area dello Stretto in riferimento al Mediterraneo, e dal rapporto con le città rivierasche.
I 4 ‘sfidanti’ però debbono convincersi che ‘divisi’ favoriranno il perpetuarsi della gestione precedente. Debbono invece unire le forze e dare un taglio netto a eventuali aspirazioni personali che vanno ‘sacrificate’ sull’altare del bene comune rappresentato dalla rifondazione dell’Ateneo e del suo ruolo.
Va in questa direzione l’approccio al problema fatto dal prof. Enrico Costa che indica in 5 mosse lo ‘scacco matto da fare a Giovannini’ ed alla sua asfittica gestione dell’Ateneo reggino. Enrico Costa mette subito i piedi nel piatto e propone: 1) Discontinuità e rigore morale; 2) Risanamento; 3) Ricerca; 4) Mandato unico e 5) Centralità della persona.

Costa vuol ‘cambiare decisamente rotta’
• tracciando una nuova direzione, col “traghettare la Mediterranea sulla strada del cambiamento, dell’innovazione e del rigore morale” lasciandosi alle spalle “una gestione burocratica, priva di mordente e assente”;
• ponendo il problema del “risanamento dei conti e del controllo delle spese per evitare il commissariamento o operazioni che decretino la scomparsa dell’ateneo”;
• concependo una “qualità della ricerca che potrà aiutare la credibilità della Mediterranea”. A tal fine è necessario programmare, “oltre all’imprescindibile ricerca di base, filoni specifici alla nostra realtà territoriale (attraversamento dello stretto, città metropolitana, trasporti, ambiente, ecc.”). Riguardo al Ponte saranno i risultati della ricerca ad orientare la bussola perché solo “la oggettività della ricerca darà autorevolezza ed udienza”. Le ‘scelte politiche aprioristiche e irragionevoli’ vanno lasciate da parte;
• limitando il ruolo del Rettore ad un “unico mandato, per liquidare tentazioni elettoralistiche e non perpetuare sé stesso. Liberandolo dai facili clientelismi, di impropria influenza decisionale, potrà agire in totale autonomia ed in effettiva collegialità . Il Rettore dovrà essere totalmente dedito alla “Mediterranea”, e non dovendo cercare né accettare per sé incarichi e prebende, ruoli istituzionali esterni retribuiti, dovrà riversare sulla “Mediterranea” queste opportunità;
• perseguendo la “centralità della persona che porta alla formazione di un capitale umano qualificato, agevolando la coesione sociale, la crescita economica, l’innovazione e l’occupazione, la valorizzazione e lo sviluppo locale. Ma ciò può essere perseguito con il dialogo quotidiano e costante”.

Sull’altare del new deal della “Mediterranea”, il prof. Enrico Costa mette in discussione anche la propria candidatura. E’ un passaggio che gli fa onore, ma è un passaggio che, oggi, non condividiamo perché guidare il processo di rilancio dell’Ateneo metropolitano, con i paletti indicati, crediamo debba competere a chi ha le idee più chiare e, da tempo, si batte per farle affermare.
I cinque punti lanciati dal prof. Costa, ma preferiamo considerarli cinque mosse finalizzate allo scacco matto dell’attuale rettore, sono punti imprescindibili da realizzare nell’interesse della Mediterranea e dei suoi professori (di ogni ordine e grado), ma anche nell’interesse di una città metropolitana come Reggio che vuole, fortissimamente vuole, amalgamarsi con la propria Università.

giovedì 3 giugno 2010

Il triste destino di quattro fontane

da gazzettadelsud.it del 3 Giugno 2010


Tempi duri per le fontane della nostra città. Una volta perchè si rompono le elettrovalvole che azionano gli erogatori, un'altra perchè va in tilt l'impianto elettrico, un'altra ancora perchè i soliti ignoti rubano alcuni pezzi necessari al perfetto funzionamento degli impianti. Fatto sta che arriva l'estate e vasche e fontane si svuotano e smettono di funzionare. Diventano delle pattumiere nell'indifferenza generale.
Si è creata una classifica per indicare la fontana che non funziona da più tempo e quella che invece sia pure a corrente alternata eroga regolarmente acqua.
In testa a questa speciale graduatoria ahimè c'è la fontana del Balilla. La più vecchia, tra l'altro, in quanto fu realizzata negli anni Trenta. È muta e sporca ormai da mesi. Chi frequenta la zona attorno al palazzo delle Poste Vecchie è sempre più delusa con il passare dei giorni. Spera di vedere l'impianto tornare a zampillare. Invece tutte le mattine il quadro è lo stesso. Niente acqua dagli erogatori, mentre le vasche sono piene di bottiglie, cartacce e altri rifiuti trasportati dal vento o gettati lì dentro volutamente da vandali. Il Comune ormai sembra essersi arreso dopo averla fatta riparare più volte affidandone la manutenzione a una ditta specializzata. Evidentemente le casse non permettono interventi continui per garantire il funzionamento di questa fontana.
Ma, sempre nella città vecchia, non sta meglio una fontana più "giovane". È quella inaugurata qualche anno fa dalla giunta Catizone allo Spirito Santo. Il grande zampillo ha smesso di funzionare da qualche settimana. Nemmeno in questo caso si conoscono i motivi del blackout.
Nuovamente ferme anche le fontane davanti alla chiesa di piazza Loreto. L'impianto dopo un lungo stop era stato ripulito e sistemato per bene. Si era messo a funzionare regolarmente. Dalla sera alla mattina è sparita l'acqua.
Tutto tace anche per le fontane di piazza Europa a loro volta mute da diverso tempo. E non c'è traccia d'acqua nemmeno nella vasca con l'elmo dei Bruzi, davanti al Municipio.(fra.ros.)

Risposta degli stagisti "superlaureati" della Regione Calabria alla nota di dissenso

Faccio seguito alla nota, datata 02/06/2010, inviata da un certo A. N. (anonimo negligente?) dal titolo Stagisti: c’è chi dice no…Leggendo quelle parole assolutamente insensate e che denotano una totale ignoranza di quello che è stato il nostro percorso, non può non venire alla mente una storiella, vecchia come il mondo ma attualissima come morale, che racconta di una volpe affamata che vide dei grappoli d’uva che pendevano da un pergolato e tentò invano di afferrarli. "Robaccia acerba!" disse allora tra sé e sé; e se ne andò. Così, anche fra gli uomini, c’è chi, non riuscendo per incapacità a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze e sputa veleno su chi ci riesce per pura capacità. Mitico Esopo!

Tornando al meritevole e referenziato Sig. A.N. (di cui vorremmo tanto consultare il curriculum vitae per capire se aveva i requisiti anche solo per partecipare alla nostra rigidissima selezione) ed alla sua attenta disamina è il caso di sottolineare:

1) delle persone che popolano la nostra P.A. solo il 30/40% ha superato un concorso, il resto fa parte delle eccezioni previste dalla legge;

2) nessuno di noi ha mai preteso sconti o favoritismi per eventuali modalità di accesso alla P.A., semplicemente l’applicazione equa e non discriminante dell’articolo 14 della legge regionale n. 8/2010 (ma a quanto pare il nostro interlocutore esperto di diritto lo ignora!);

3) nessuno di noi ha mai accusato di negligenza i dirigenti ed i funzionari che abbiamo affiancato, ma abbiamo semplicemente sottolineato, se non fosse sufficientemente palese agli occhi dell’Italia intera (Brunetta docet), che esistono nella P.A. dipendenti pubblici assenteisti e demotivati che andrebbero di certo sostituiti da gente titolata ed efficiente;

4) ci rivolgiamo agli Amministratori Regionali perché il secondo punto del Programma di Governo 2010-2015 targato Scopelliti è il binomio giovani e lavoro, problematica che il Governatore ha sempre sottolineato voler gestire dando alla Calabria una svolta meritocratica che noi rappresentiamo in pieno;

5) noi “calpestare i diritti dei giovani che ogni giorno lottano sui libri”? Questa infamante frase denota in pieno l’ignoranza del Sig. A.N., talmente gretto da non capire neanche che quella del Programma Stages non è solo una battaglia “nostra” ma è estesa a tutti i giovani che si battono per non vedersi negare un’ opportunità di lavoro, che le Istituzioni hanno il dovere di offrire, a tutti secondo i bisogni, a ciascuno secondo le capacità. Ed è anche la battaglia di una Regione martoriata, che potrà risalire dal baratro in cui è sprofondata solo puntando al merito ed al talento. L’impresa di risorgere è certo ardua, soprattutto perché, purtroppo, c’è gente che, invece di pensare a fare gruppo su questioni che sono interesse e vantaggio per la collettività intera, rema contro la sua stessa terra solo per acredine immotivata. Ma noi continueremo per la nostra strada sempre e comunque.

mercoledì 2 giugno 2010

Enrico Costa agli altri candidati a Rettore UniRC: "Uniamoci" contro Giovannini

da strill.it del 2.6.2010

di Francesco Creazzo - A otto giorni dalla prima tornata per l'elezione del Rettore dell'università Mediterranea, uno dei candidati, Enrico Costa, lancia un clamoroso appello agli altri tre candidati che si oppongono alla rielezione dell'uscente Massimo Giovannini: "Uniamoci".
Lo fa, però, presentando un documento programmatico in cinque punti, di cui richiede la sottoscrizione al candidato su cui avverrebbe l'auspicata convergenza, e preventivando anche la possibilità di poter arrestare la propria corsa verso gli uffici del Rettorato.
Un documento programmatico che riassume il progetto e le idee del presidente del corso di laurea in urbanistica, ma anche di buona parte dello schieramento anti Giovannini: la parola d'ordine è "Risanamento".
"Un risanamento che non è solo quello della cassa - spiega Costa - ma che investa tutto l'Ateneo".
A partire  dalla discontinuità con l'amministrazione precedente, specie per quello che riguarda la cosiddetta "questione morale" sulla quale Costa auspica un "deciso cambiamento di rotta". Tuttavia anche le casse dell'Ateneo hanno chiaramente bisogno di un'opera di salvataggio: a questo proposito Costa propone la sua personale "manovra", proponendo il taglio dei banefit, delle prebende, delle auto blu e dei molteplici incarichi retribuiti, che sottrarrebero tempo ed energie a chi si dovrà occupare solo della Mediterranea, nonchè la riduzione della carica a un solo possibile mandato, dimodochè - spiega - "durante il corso del primo incarico, il Rettore non possa avere la tentazione di perpetuare sè stesso".
Costa, però, non si occupa solo del risanamento strutturale, ma anche della programmazione in merito alla ricerca: "saranno individuate le risorse finanziare da destinarle - si legge nella nota programmatica - in base a una valutazione di risultati, grazie all'implementazione di un sistema di controllo e verifica". Una riorganizzazione che coinvolgerà anche i dipartimenti.
Un capitolo a parte riguarda il Ponte: senza entrare nel merito, Costa stabilisce soltanto che la questione sarà "guidata dalla bussoloa della ricerca e non dettata da pareri personali che non si basano su risultati scientifici".
L'urbanista, insomma, apre agli altri candidati ma sottopone l'unione a condizioni ferree e ad una politica futura che, per dirlo alla Winston Churchill, sia di "lacrime e sangue": una sorta di austerity permanente con l'obiettivo fisso del taglio dei costi per un Ateneo che, altrimenti, "correrebbe il rischio di essere commissariato, cosa che farebbe aumentare le probabilita di fusione o accorpamento con le università circostanti, facendo salutare a Reggio la sua università dopo 42 anni di fatica".
Con buona pace degli affittacamere, dei gestori di locali e di librerie.
Costa è pronto, dunque, a farsi da parte quanto a guidare egli stesso la coalizione di "normalizzazione" della Mediterranea, anche attraverso un rapporto con la politica che s'immagina "di esclusivo profilo istituzionale: dobbiamo far sparire i partiti, tutti i partiti, dall'università e creare le condizioni per un rapporto sano coi rappresentanti istituzionali, che prescinda dallo stato di bisogno dell'una o dell'altra parte".
L'ultimo punto del documento è denominato "La centralità della persona" perchè "il nuovo Rettore deve essere il Rettore della società civile, un rettore che viva l'università e lavori assieme a tutti gli altri, agli studenti, ai ricercatori che sono il fulcro e l'unico oggetto di un Ateneo".