lunedì 27 ottobre 2014

La fatica decisionale

La fatica decisionale: il nemico numero uno delle nostre giornate è sempre in agguato. Se non abbiamo stabilito una solida routine cui affidare le nostre scelte più semplici, verrà a tormentarci per ogni minima questione da affrontare. Si sa, ad esempio, che uno impegnato come Obama dispone solo di (tanti) abiti di due colori. Per evitare di perdere tempo – e soprattutto energie – nel processo decisionale, il più impegnativo e stressante della vita moderna.
Ma a volte è inevitabile: anche solo andare al supermercato è un disastro. Succo di frutta? Meglio quello meno caro o la versione bio? O quello con pochi zuccheri? Insomma, la libertà è poter scegliere, ma è una grande fatica. Anzi: scegliere demotiva.
Avere una possibilità più ampia è considerato senza dubbio una cosa buona. Il problema è che, quando succede, diventa tutto più difficile. La cosa notevole, hanno notato gli scienziati, è che il processo di scelta stanca la mente in modo significativo: debilita e toglie ogni intenzione di produrre. Qualsiasi attività mentale, anzi, diventa faticosa.

Il rimedio è semplice. Fare come Obama, cioè diminuire le scelte:
1) Affrontare al mattino le questioni più importanti e faticose. Sarete più freschi e vi verrà più semplice. È un buon modo per evitare di prendere decisioni impulsive per stanchezza.

2) Ritagliatevi meno possibilità di scelta. Ad esempio: se dovete scegliere un ristorante per organizzare una cena, decidete un limite da rispettare: o una zona, o un tipo di cucina. La cosa vi permetterà di avere meno opzioni e di faticare meno per prendere la decisione.
3) Quando si è decisa una cosa, non si deve tornare indietro. La tentazione di ripensarci è forte, ma è meglio restare attaccati alla propria scelta. Altrimenti non si finisce mai. Certo, questo implica che la decisione non sarà mai perfetta, ma il punto è proprio questo: nessuna decisione è mai perfetta. Anche quella condotta con tempo e impegno alla fine si rivelerà difettosa. E maggiore sarà la fatica impiegata, maggiore sarà la delusione dovuta anche a minimi difetti.
4) Infine, create delle deadline artificiali. Dovete comprare una nuova poltrona ma non sapete scegliere? Fissate un’ora entro cui dovrete aver preso la vostra decisione. Non perderete altro tempo e non avrete modo di pentirvi.

venerdì 17 ottobre 2014

Terremoto: i Borboni ci insegnano come si affrontano con intelligenza ed organizzazione

Articolo pubblicato su "Mezzoeuro" del 4 Ottobre 2014



Il 30 Settembre presso la sala “University Club” dell’UniCal si è svolto il simposio "Le istruzioni borboniche. La prima normativa anti-sismica d'Europa". L’iniziativa è nata nell’ambito delle attività svolte dallo SMART-Lab che coordino ed ha visto la partecipazione dell’assessore Mario Caligiuri e del Rettore Gino Crisci.
In particolare l’assessore Caligiuri ha dichiarato “Occorre invertire tanti luoghi comuni per comprendere come stanno realmente le cose in un Paese di contemporanei, come l'Italia, che sembra essere senza antenati né posteri, perché senza memoria. Il recupero della memoria storica è un dovere civile perché un popolo che non conosce il proprio passato non può costruire consapevolmente l'avvenire e questo non per ribadire un'appartenenza ma per esprimere la necessità dell'identità"
Durante il convegno sono state anche presentate le ricerche svolte nell’ambito del laboratorio dell'Università della Calabria sulle tipologie costruttive previste dopo il devastante terremoto che colpì la nostra regione nel 1783, sconvolgendola per sempre, analizzandone il comportamento meccanico ed in particolare la vulnerabilità in conseguenza delle azioni sismiche. L’arch. Ruggieri, contrattista di ricerca presso lo SMART-Lab, ha sottolineato come "le Istruzioni Borboniche, codificate all'indomani del terremoto del 1783 rappresentano la sintesi dei più avanzati principi dell'ingegneria antisismica del Settecento ed evidenziano un particolare avanzamento scientifico del Regno di Napoli nell'età dei Lumi. Il codice antisismico borbonico è da ritenersi precursore della normativa dello Stato italiano e dell'attuale Eurocodice”
Il terremoto, purtroppo, è uno dei fenomeni naturali che, più di ogni altro nella storia, ha avuto il potere di atterrire l'uomo. La terra, ritenuta dall'esperienza comune come un riferimento stabile e sicuro, improvvisamente incomincia a tremare gettando nello sconforto chi assiste impotente al fenomeno.
Molti ricorderanno una puntata del 2010 della trasmissione “Presadiretta” di Riccardo Iacona su Rai Tre, in cui parlando del terremoto dell’Aquila, con un’incursione in Calabria si è evidenziato in che situazione ci trovavamo e, purtroppo, ancora ci troviamo nella nostra Regione. Per chi non l’avesse vista, consiglio di collegarsi al sito www.presadiretta.rai.it e gustarsene le scene migliori che, se non rappresentassero una tragica realtà, potrebbero essere fonte di risate. Case al di sotto del livello della fiumara, interi condomini edificati su dirupi costruendo successivamente le opere di sostegno, progetti completamente inventati che vengono approvati in quindici giorni dal Genio civile, centrali di betonaggio che regalano i cubetti per le prove di qualificazione del calcestruzzo.
Dalle interviste è emersa chiaramente una realtà sociale composita che favorisce il non rispetto delle Leggi antisismiche e delle corrette regole di costruzione in generale. C’è il padre di famiglia che non vede altra scelta che convincersi di essere su un terreno dove si possono costruire “cento piani” senza problemi, c’è lo speculatore edilizio, c’è il politico impreparato e quant’altro rende la nostra Regione ancor più difficile da governare del resto d’Italia, dove la situazione è già fonte di serie preoccupazioni.
D'altra parte nessuna Legge potrà risolvere alcun problema se non è matura una sensibilità adeguata verso il problema stesso, e la sensibilità difficilmente matura se bisogna spesso risolvere problemi di sussistenza. Neanche un esercito di controllori integerrimi riuscirebbe a mettere a posto le cose, soprattutto quando le irregolarità hanno raggiunto i livelli che abbiamo constatato nel servizio televisivo. “Leges sine moribus vanae” ci ricorda Orazio: è inutile legiferare se di base non abbiamo costruito una morale che porti ad un sostanziale rispetto per le regole del vivere sociale e civile.
In Calabria si è da pochi anni varato un regolamento sulle procedure informatiche per la denuncia, il deposito e l'autorizzazione di interventi di carattere strutturale e per la pianificazione territoriale in zona sismica,  elaborato nell'ambito di una convenzione con l'Eucentre. Siamo l'unica Regione ad avere un regolamento così avanzato e con gestione computerizzata. Se ben applicato, potrà evitare quelle approvazioni “leggere” che si sono viste nella trasmissione televisiva di Rai3.
Tale attività, però, lasciata isolata produrrà risultati inferiori a quelli possibili se, invece, si affianca l'opera di esperti internazionali a quella di esperti e di tecnici locali. Solo operando "in situ", auspicabilmente in stretta connessione con i migliori Centri di Ricerca nazionali ed internazionali, potrà sperarsi di ottenere sostanziali miglioramenti in campo di protezione sismica. L’Eucentre è un grande centro di ricerca con sede a Pavia con consolidata esperienza nel settore antisismico. Sono stati loro a progettare e coordinare la progettazione delle c.a.s.e. ad Onna ed in altre zone dell’Aquila. L’azione di un tale Centro in Calabria però non deve rimanere episodico ma deve essere fonte di rafforzamento di conoscenze e competenze già presenti e consolidate in Calabria. L'UniCal, per esempio, ha già stretti rapporti sia con l'Eucentre, sia con tutte le altre Università e con gli altri Centri di Ricerca pubblici operanti nell'ambito del Reluis (Rete dei Laboratori Universitari di Ingegneria Sismica). Esistono oramai centinaia di laureati calabresi capaci di collaborare ad un’azione di progettazione e realizzazione di interventi di protezione antisismica. Un “nuovo e moderno” Servizio Sismico Regionale, simile a quelli già esistenti in Toscana, in Emilia Romagna, in Friuli e che lavorano a stretto contatto e coordinamento con quello nazionale, potrebbe coinvolgere le istituzioni regionali, le università ed i centri di ricerca calabresi, le province ed i comuni, coordinandoli fra loro nelle varie azioni specifiche. Consolidatosi, sarebbe una struttura operativa permanentemente presente in Regione. D'altra parte, anche senza pensare ad un evento sismico, monitorare e mettere in sicurezza il patrimonio edilizio calabrese sarebbe comunque utile a generare lavoro, sviluppare competenze, far circolare capitali, stimolare il turismo, e quant'altro facilmente immaginabile.
I principali compiti di un Servizio Sismico Regionale, nuovo e moderno, emulando le migliori esperienze internazionali, dovrebbero essere:
Monitoraggio permanente del territorio, per valutare adeguatamente il pericolo a cui è esposto il patrimonio abitativo, la popolazione ed i sistemi infrastrutturali.
Redazione di norme di progettazione strutturale, per fissare criteri finalizzati innanzi tutto alla protezione degli occupanti e poi degli edifici, nei limiti di un costo economicamente ragionevole. 
Pericolosità, microzonazione, input sismico. Con la microzonazione si ottiene la valutazione della pericolosità locale e ciò comporta l’individuazione delle aree che, in occasione di una scossa sismica, possono essere soggette a fenomeni di amplificazione.
Vulnerabilità e rischio sismico. La vulnerabilità viene espressa come la probabilità che una struttura di un certo tipo possa subire un certo livello di danneggiamento a seguito di un terremoto di una determinata intensità.
Ricerca scientifica nel settore, sia attraverso la modellazione e l'analisi numerica, sia attraverso prove sperimentali e partecipazione a progetti di ricerca italiani, europei ed internazionali.
Attività di divulgazione e sensibilizzazione su conoscenza del fenomeno, monitoraggio del territorio, vulnerabilità degli edifici e delle infrastrutture, classificazione sismica e normativa, pianificazione dell’emergenza e scenari di danno, etc.
Dal 2012 la Regione, in particolare l’assessorato alla Politiche Comunitarie, guidato da Giacomo Mancini, ha finanziato un progetto denominato RISPEISE (Rete Internazionale per lo Scambio di buone Pratiche in Edilizia Innovativa, Sismicamente sicura ed Ecosostenibile) con cui si sono formati finora oltre 15 tecnici e ricercatori altamente specializzati, che hanno effettuato stage per lo scambio delle buone pratiche negli Stati Uniti, in Francia, Belgio, Germania, Romania, Grecia, sviluppando molti degli aspetti ingegneristici e di organizzazione della protezione civile per la difesa dal pericolo sismico. Questo progetto sta arrivando a compimento (Maggio 2015) e sarebbe opportuno prevedere adesso, anche per evitare la fuga di questi “cervelli calabresi”,  il finanziamento di strutture di ricerca adeguate (vedi ad esempio tavola vibrante per le prove in scala reale, telai per la qualificazione dei moderni isolatori sismici, laboratori per lo studio di nuovi materiali ad uso antisismico) che si inquadrerebbero perfettamente in un  nuovo e moderno Servizio Sismico Regionale, costituendone un tassello importante, alla pari di altre strutture regionali e nazionali già esistenti con cui opererebbe in sinergia. La connessione fra innovazione, conoscenza, esperienza, organizzazione dell’emergenza, etc. è stata la chiave con cui i Borboni affrontarono, “brillantemente” per l’epoca, i terremoti del 1783, ed è la chiave con cui i Paesi moderni affrontano ancora il pericolo sismico.
In Friuli, dopo il terremoto del 1979 si è iniziata la ricostruzione ma si è anche iniziato ad organizzare un sistema di protezione civile che includesse un settore simile a quello da me definito Servizio Sismico Regionale. Attualmente esso ha sede in un edificio, peraltro ecocompatibile, ed ha operato in aiuto all'Abruzzo rilevando, mediante una strumentazione su elicottero, lo stato dei danni per pianificare la ricostruzione.

D'altra parte, anche senza pensare ad un evento sismico, monitorare e mettere in sicurezza il patrimonio edilizio calabrese non sarebbe comunque utile a generare lavoro, sviluppare competenze, far circolare capitali, stimolare il turismo, e quant'altro facilmente immaginabile? Allora, parafrasando Gattuso, “ce lo mettiamo il cuore in questo progetto?”