ISTRUZIONE PUBBLICA, BENI CULTURALI (7ª)
MARTEDÌ 15 GIUGNO 2010
220ª Seduta
Presidenza del Presidente POSSA
La seduta inizia alle ore 14,30.
(2228) Conversione in legge del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, recante misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica
Il senatore VALDITARA (PdL) fa presente di aver fino ad ora appoggiato in maniera convinta le scorse manovre finanziarie, sostenendo anche alcune misure dolorose, nella consapevolezza che l'università e la scuola dovessero essere razionalizzate. In proposito rammenta di essere stato a suo tempo favorevole al taglio degli organici della scuola, che era stata troppo spesso concepita come luogo di collocamento, nonché al decreto-legge n. 180 del 2008 che ha avuto il merito di rovesciare la cosiddetta "piramide" ossia l'elevato numero di docenti ordinari rispetto a quello di associati e ricercatori. Rimarca altresì che, in virtù degli interventi dell'Esecutivo in carica, si è registrata una positiva contrazione dei corsi di laurea pari a circa il 20 per cento, riportando l'Italia in linea con il resto d'Europa. Ricorda del resto che nel Documento di programmazione economico-finanziaria del 2009 il Governo aveva sottolineato come il numero di professori e ricercatori in Italia fosse inferiore alla media OCSE. Giudicando polemici più nella forma che nella sostanza alcuni interventi dell'opposizione, non ritiene tuttavia convincente la manovra per quanto concerne la scuola, l'università e la ricerca e chiede con forza che lo schema di parere recepisca un'esigenza reale di cambiamento, altrimenti il suo voto sarà contrario. Ripercorre indi gli effetti, a partire dal 2011, delle passate misure sull'università, deplorando che il provvedimento in esame confermi il taglio di un miliardo e 300 milioni di euro per il settore. Stigmatizza infatti che nel 2011 si registrerà un gap tra spesa per il personale e Fondo di finanziamento ordinario (FFO), al netto dei pensionamenti e considerando il blocco delle assunzioni, tale da impedire la vita stessa degli atenei. Segnala del resto che il FFO ha diverse finalità, non esclusivamente destinate al pagamento degli stipendi. Reputa dunque inevitabile che con questi tagli le università non possano sopravvivere, tanto più che sono decurtati anche i finanziamenti per i dottorati di ricerca e per borse a favore dei giovani. A tale ultimo riguardo, ricorda con compiacimento che il decreto-legge n. 180 del 2008 aveva consentito la piena corresponsione delle borse ai meritevoli, mentre oggi vi è il rischio che oltre un terzo degli aventi diritto sarà privo di sostegno. Esprime poi preoccupazione per le conseguenze del blocco dei contratti e degli scatti stipendiali per gli insegnanti e professori, sottolineando come la perdita netta per i docenti non valga il sacrificio, tenuto conto che i risparmi sono pari a circa 300 milioni di euro e che le loro retribuzioni sono le più basse d'Europa. Rilevando criticamente come la professione docente sia poco valorizzata, giudica inopportuna la misura soprattutto alla luce del decreto-legge n. 180 del 2008 e del disegno di legge n. 1905, in quanto si prevede la fine degli automatismi stipendiali e l'avvio di un processo meritocratico. Desta peraltro stupore che per i magistrati sia possibile recuperare la perdita derivante dal blocco degli scatti mentre ciò non sia previsto per i professori. Sollecita dunque una più attenta riflessione, pur riconoscendo che la congiuntura sia alquanto delicata e che occorra eliminare gli sprechi. Afferma tuttavia che l'università non può essere considerata affatto uno spreco e dà atto al ministro Gelmini di aver fino ad ora operato positivamente per ridurre le inefficienze. In relazione alla cultura, prende atto con soddisfazione che l'intervento originario del ministro Tremonti, che pareva esautorare l'autonomia del ministro Bondi, sia stato ricondotto ad un criterio di ragionevole responsabilizzazione, tanto più che il metodo inizialmente adottato non risultava opportuno. Invita pertanto il Presidente relatore e la maggioranza ad un'azione fattiva per modificare il provvedimento, tenuto conto che potrebbero essere introdotti interventi strutturali come ad esempio si è verificato in Francia o nei Paesi anglosassoni, anche puntando a ridurre le spese per gli acquisti delle pubbliche amministrazioni, aumentate in alcuni comparti del 50 per cento, nella prospettiva di finanziare i settori strategici del sapere. Non concorda peraltro con i limiti alle assunzioni a tempo determinato nelle università, fissati al 50 per cento delle spese del 2009, né con i tagli alle missioni all'estero anche se finanziate con fondi esterni, poiché si penalizzano le università più virtuose che riescono ad ottenere risorse dall'esterno. In conclusione, richiamando la scelta degli Stati Uniti e della Germania di investire su università e ricerca proprio in momenti di crisi, ribadisce con forza il proprio dissenso rispetto al taglio di 1,3 miliardi di euro sull'università, chiedendo che sia recepito nel parere.
Il senatore VALDITARA (PdL) fa presente di aver fino ad ora appoggiato in maniera convinta le scorse manovre finanziarie, sostenendo anche alcune misure dolorose, nella consapevolezza che l'università e la scuola dovessero essere razionalizzate. In proposito rammenta di essere stato a suo tempo favorevole al taglio degli organici della scuola, che era stata troppo spesso concepita come luogo di collocamento, nonché al decreto-legge n. 180 del 2008 che ha avuto il merito di rovesciare la cosiddetta "piramide" ossia l'elevato numero di docenti ordinari rispetto a quello di associati e ricercatori. Rimarca altresì che, in virtù degli interventi dell'Esecutivo in carica, si è registrata una positiva contrazione dei corsi di laurea pari a circa il 20 per cento, riportando l'Italia in linea con il resto d'Europa. Ricorda del resto che nel Documento di programmazione economico-finanziaria del 2009 il Governo aveva sottolineato come il numero di professori e ricercatori in Italia fosse inferiore alla media OCSE. Giudicando polemici più nella forma che nella sostanza alcuni interventi dell'opposizione, non ritiene tuttavia convincente la manovra per quanto concerne la scuola, l'università e la ricerca e chiede con forza che lo schema di parere recepisca un'esigenza reale di cambiamento, altrimenti il suo voto sarà contrario. Ripercorre indi gli effetti, a partire dal 2011, delle passate misure sull'università, deplorando che il provvedimento in esame confermi il taglio di un miliardo e 300 milioni di euro per il settore. Stigmatizza infatti che nel 2011 si registrerà un gap tra spesa per il personale e Fondo di finanziamento ordinario (FFO), al netto dei pensionamenti e considerando il blocco delle assunzioni, tale da impedire la vita stessa degli atenei. Segnala del resto che il FFO ha diverse finalità, non esclusivamente destinate al pagamento degli stipendi. Reputa dunque inevitabile che con questi tagli le università non possano sopravvivere, tanto più che sono decurtati anche i finanziamenti per i dottorati di ricerca e per borse a favore dei giovani. A tale ultimo riguardo, ricorda con compiacimento che il decreto-legge n. 180 del 2008 aveva consentito la piena corresponsione delle borse ai meritevoli, mentre oggi vi è il rischio che oltre un terzo degli aventi diritto sarà privo di sostegno. Esprime poi preoccupazione per le conseguenze del blocco dei contratti e degli scatti stipendiali per gli insegnanti e professori, sottolineando come la perdita netta per i docenti non valga il sacrificio, tenuto conto che i risparmi sono pari a circa 300 milioni di euro e che le loro retribuzioni sono le più basse d'Europa. Rilevando criticamente come la professione docente sia poco valorizzata, giudica inopportuna la misura soprattutto alla luce del decreto-legge n. 180 del 2008 e del disegno di legge n. 1905, in quanto si prevede la fine degli automatismi stipendiali e l'avvio di un processo meritocratico. Desta peraltro stupore che per i magistrati sia possibile recuperare la perdita derivante dal blocco degli scatti mentre ciò non sia previsto per i professori. Sollecita dunque una più attenta riflessione, pur riconoscendo che la congiuntura sia alquanto delicata e che occorra eliminare gli sprechi. Afferma tuttavia che l'università non può essere considerata affatto uno spreco e dà atto al ministro Gelmini di aver fino ad ora operato positivamente per ridurre le inefficienze. In relazione alla cultura, prende atto con soddisfazione che l'intervento originario del ministro Tremonti, che pareva esautorare l'autonomia del ministro Bondi, sia stato ricondotto ad un criterio di ragionevole responsabilizzazione, tanto più che il metodo inizialmente adottato non risultava opportuno. Invita pertanto il Presidente relatore e la maggioranza ad un'azione fattiva per modificare il provvedimento, tenuto conto che potrebbero essere introdotti interventi strutturali come ad esempio si è verificato in Francia o nei Paesi anglosassoni, anche puntando a ridurre le spese per gli acquisti delle pubbliche amministrazioni, aumentate in alcuni comparti del 50 per cento, nella prospettiva di finanziare i settori strategici del sapere. Non concorda peraltro con i limiti alle assunzioni a tempo determinato nelle università, fissati al 50 per cento delle spese del 2009, né con i tagli alle missioni all'estero anche se finanziate con fondi esterni, poiché si penalizzano le università più virtuose che riescono ad ottenere risorse dall'esterno. In conclusione, richiamando la scelta degli Stati Uniti e della Germania di investire su università e ricerca proprio in momenti di crisi, ribadisce con forza il proprio dissenso rispetto al taglio di 1,3 miliardi di euro sull'università, chiedendo che sia recepito nel parere.
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