da sito ilsole24ore.it del 23.07.2010
È sbarcato ieri in aula al Senato il Ddl di riforma degli atenei italiani, con quasi due mesi di ritardo dalla chiusura dei lavori in commissione.
Il testo, accompagnato da ben 437 emendamenti, di cui un centinaio presentati dalla maggioranza, si preannuncia "blindato". Palazzo Madama dovrebbe accogliere solo le richieste di modifica che hanno ottenuto l'ok da parte del governo, vale a dire circa una trentina, anticipate dal Sole24ore.com lo scorso 20 luglio.
Il relatore del provvedimento e professore universitario, Giuseppe Valditara (Pdl) si è mostrato fiducioso di chiudere l'esame del Ddl entro mercoledì della prossima settimana, o al massimo, prima della pausa estiva. La palla passerà poi a Montecitorio, che dovrebbe licenziare definitivamente la riforma Gelmini tra novembre e dicembre. Pochissime le possibilità di chiudere prima, come ammette Valditara, considerato come, in quel periodo, ha spiegato, «la Camera sarà probabilmente impegnata nell'esame della finanziaria d'autunno, che, come è accaduto con la manovra estiva, monopolizzerà i lavori del parlamento». Per Valditara, il Senato si appresta a votare «una riforma di alto profilo», e probabilmente, «la più importante di questa legislatura nel settore dell'istruzione e della ricerca». Giudizio diametralmente opposto per il capogruppo Pd in commissione cultura a Palazzo Madama, Antonio Rusconi che ha parlato, invece, di «pessima riforma», partita peraltro con il piede sbagliato, vale a dire «senza risorse economiche sufficienti». Rusconi ha ricordato infatti come la manovra di Tremonti, al giro di boa definitivo alla Camera, abbia confermato la cura dimagrante di 1,3 miliardi di euro al fondo di funzionamento degli atenei, tagliando, di fatto, le ali a qualsiasi tentativo di modifica del settore.
Un punto che registra malumori anche all'interno della maggioranza e rilanciato dallo stesso Valditara, che nella relazione illustrativa del Ddl Gelmini in Senato, ha chiesto al governo di assicurare «risorse adeguate». Altrimenti, ha detto, «non si potranno fare assunzioni di personale e i ricercatori non avranno adeguate prospettive di carriera». Senza dimenticare, ha aggiunto, come dal prossimo anno accademico è attesa una riduzione del 20% dei corsi di laurea.
Una volta approvata, la riforma produrrà un radicale cambiamento nelle università italiane, dove attualmente lavorano circa 40mila professori e 25mila ricercatori.
Oltre al test obbligatorio di lingua straniera per i ricercatori, le nuove norme impongono agli ordinari a tempo indeterminato di svolgere attività lavorativa per almeno 1.500 ore nell'anno solare, di cui 350 ore di didattica. Sul fronte del reclutamento, arriva l'obbligo per gli atenei di stanziare i fondi necessari per sbloccare i concorsi per associato. I ricercatori, poi, avranno tutti un contratto a tempo determinato: tre anni rinnovabili di altri tre. Entro questo termine dovranno, però, conseguire l'abilitazione scientifica per diventare associati, altrimenti si finisce fuori. Restano, invece, "a esaurimento" i ricercatori di ruolo. Per Carmen Mariano, 34 anni, da due anni ricercatrice a tempo indeterminato alla Sapienza, «si blocca qualsiasi progressione meritocratica, con un danno in busta paga, pensione e buonuscita».
Dal 2016 il dottorato diventerà requisito per accedere ai contratti di ricerca. Mentre salta il cosiddetto "biennio Amato", che consentiva il fuori ruolo ai docenti universitari. E dopo vari annunci e smentite si fissa un punto fermo: la pensione arriverà per tutti a 70 anni.
I PUNTI CHIAVE
I professori
Con l'entrata in vigore della riforma salta il "biennio Amato" che consentiva il fuori ruolo per i docenti universitari. E la pensione arriva per tutti a 70 anni
I ricercatori
I ricercatori di ruolo andranno "a esaurimento", tutti gli altri saranno a tempo determinato: tre anni rinnovabili di altri tre. Solo dopo potranno essere assunti dall'ateneo come associati altrimenti si finirà fuori
La governance
I rettori avranno un mandato a tempo che potrà arrivare fino a 8 anni. Il senato accademico potrà proporre con maggioranza di 3/4 la sfiducia del rettore che abbia amministrato male l'ateneo.
da sito ilsole24ore del 20.07.2010
Professori universitari: la proposta di ddl di riforma non tiene conto della richiesta del Ministro Gelmini e conferma la pensione a 70 anni
Nessun pensionamento "accelerato" per i professori universitari, mentre diventa obbligatoria per chi vuole diventare ricercatore la conoscenza della lingua inglese. Sono alcune delle novità, anticipate dal Sole24ore.com, del pacchetto di emendamenti che in serata (il termine scade alle ore 19) il relatore Giuseppe Valditara (Pdl) presenterà al ddl università, contestato ieri a Padova, che giovedì inizierà l'esame in aula al Senato, per il via libera definitivo, che dovrebbe arrivare martedì o mercoledì della prossima settimana.
In tutto una decina di modifiche, che hanno ricevuto l'ok da parte del Governo, che mirano, soprattutto, a semplificare ulteriormente alcuni adempimenti amministrativi degli atenei, dalle chiamate dei docenti, alla maggiore flessibilità sull'organizzazione del lavoro interno. Quest'ultima possibilità, però, sottolinea Valditara, viene limitata ai soli atenei virtuosi e servirà, comunque, il via libera di Viale Trastevere.
L'attesa era tutta su un eventuale "emendamento" che anticipasse a 65 anni l'età di pensionamento dei "baroni", così come richiesto, tra l'altro, qualche giorno fa, dallo stesso ministro Gelmini. Fumata nera. La richiesta di modifica non è entrata nel pacchetto Valditara, con la conseguenza, quindi, che rimane a 70 anni il limite massimo d'età per i docenti per lasciare la cattedra.
Tra gli altri emendamenti che saranno presentati dal relatore, spicca quello che impone agli atenei di accantonare le risorse per i ricercatori a contratto. Questi soldi, ha spiegato Valditara, serviranno per garantire il secondo rinnovo dei contratti triennali. Valditara ha evidenziato anche di aver "strappato" al ministro Gelmini l'impegno a rimpinguare il fondo ordinario di funzionamento degli atenei (che il prossimo anno subirà una sforbiciata di 1,3 miliardi) e, soprattutto, la possibilità di recuperare gli scatti d'anzianità per docenti e ricercatori, bloccati dalla manovra di Tremonti fino al 2013. Il costo di quest'ultima operazione è di circa 300 milioni, nel triennio, 36, per il 2011, 101, per il 2012 e 162, per il 2013, che, secondo Valditara, potrebbero essere recuperati dall'aumento dell'accise sui tabacchi.