da sito corriere.it del 19.5.2010
ROMA - Tre minuti di fischi ininterrotti per dire «no al disegno di legge Gelmini sull’università». Così il flash mob degli studenti della Sapienza ha animato il sit-in di alcune centinaia di ricercatori, lavoratori e studenti delle università romane, e non solo, che si sono dati appuntamento – mercoledì – davanti al Senato, dove è in corso la discussione sul decreto per la riforma universitaria. Per i ricercatori, gli atenei rischiano di «non riuscire ad assicurare il funzionamento ordinario delle università dal gennaio 2011, a causa dei significativi tagli ai bilanci».
ROMA - Tre minuti di fischi ininterrotti per dire «no al disegno di legge Gelmini sull’università». Così il flash mob degli studenti della Sapienza ha animato il sit-in di alcune centinaia di ricercatori, lavoratori e studenti delle università romane, e non solo, che si sono dati appuntamento – mercoledì – davanti al Senato, dove è in corso la discussione sul decreto per la riforma universitaria. Per i ricercatori, gli atenei rischiano di «non riuscire ad assicurare il funzionamento ordinario delle università dal gennaio 2011, a causa dei significativi tagli ai bilanci».
«IMPOSSIBILE FARE BUONA RICERCA» - Tra i punti critici evidenziati dai manifestanti, anche il blocco del turnover che «si tradurrà nella chiusura dei corsi di studio, nell’impossibilità di fare della buona ricerca». Con un libro in mano, studenti e ricercatori hanno voluto così «far sentire la voce della cultura». Le storie più diverse si intrecciano nei racconti dei ricercatori. «Teniamo corsi all’università per 400 euro l’anno», spiega un ricercatore di Tor Vergata. E, continua una ricercatrice di Roma Tre, «nonostante questo non viene riconosciuta la nostra centralità nell’organizzazione della didattica».
«RIFORMA ASSOCIATA AGLI INVESTIMENTI» - Sostegno alla protesta dei ricercatori, viene dal Senato Accademico della terza università capitolina: «Il Senato Accademico di Roma Tre – si legge in una nota – anche sulla base della documentazione pervenuta da parte di varie componenti della comunità accademica, manifesta preoccupazione per la situazione che ha prodotto lo stato di agitazione che si sta diffondendo nell’ateneo e in molte altre università, in relazione al quadro di difficoltà e di incerte prospettive per il sistema universitario nazionale». Il Senato «ritiene indispensabile che il processo di riforma sia contestualmente associato ad un piano pluriennale di crescita degli investimenti nel settore universitario». E chiede che «siano assicurati agli attuali ricercatori a tempo indeterminato adeguate opportunità di carriera, in relazione a una riconosciuta idoneità basata sulla valutazione del merito individuale», condividendo «le giuste preoccupazioni espresse dai Ricercatori universitari».
LA POSIZIONE DEL MINISTRO - Ma, da viale Trastevere, il ministro dell’istruzione Mariastella Gelmini fa sapere: la riforma dell’università «non contiene alcun tipo di taglio». «Il nostro impegno – sottolinea il ministro – è non solo sul fronte della ricerca di risorse adeguate per il sistema universitario, ma soprattutto per una spesa più efficiente». In riferimento alla protesta dei ricercatori, il ministro Gelmini ha spiegato come “la riforma consenta loro di poter avere due contratti triennali al termine di ciascuno dei quali ci sarà una valutazione e poi la possibilità di accedere all’abilitazione nazionale e quindi entrare in ruolo con una progressione di carriera e con uno scatto stipendiale nell’università o di lavorare all’interno della pubblica amministrazione o nelle aziende private”. Poi il ministro ha aggiunto: «Credo che la riforma valorizzi il ruolo dei ricercatori e allinei L’Italia alle prassi europee». Riforme così importanti, ha concluso il ministro Gelmini, «fossero condivise. Mi sembra però che da sinistra non arrivino proposte sul tavolo ma solo proteste. Non rinunceremo al cambiamento: se non ci sarà collaborazione andremo avanti da soli».
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