lunedì 4 ottobre 2010

LA MAGGIORANZA E LA RIFORMA GELMINI - L'Università dimenticata

da sito Corriere della Sera del 04.10.2010

Il governo e la sua maggioranza, o ciò che ne resta, accumulano autogol. Non sono bastati la disastrosa gestione del conflitto fra Berlusconi e Fini e il suo impatto negativo, registrato dai sondaggi, sui consensi al governo. Adesso, la maggioranza è anche decisa a giocarsi credibilità e aperture di credito faticosamente ottenute, grazie al lavoro dei ministri migliori, presso settori qualificati dell’opinione pubblica. Mi riferisco al probabile affossamento della riforma universitaria. La riforma era in dirittura di arrivo (l’inizio della discussione alla Camera era prevista per il 4 ottobre). I capigruppo hanno deciso il rinvio al 14 ottobre.

Dieci giorni soltanto ma sufficienti per affossare il provvedimento. Infatti, il 15 ottobre comincia la sezione di bilancio e la discussione dovrà essere subito sospesa per almeno un mese. Non solo la riforma non arriverà in porto prima dell’inizio dell’anno accademico. Ma, probabilmente, a causa dei vincoli dei calendari parlamentari e delle risse nella maggioranza, finirà per slittare sine die (si veda la puntuale ricostruzione fatta oggi, su questo giornale, da Lorenzo Salvia). Con le probabili elezioni a primavera che ormai incombono, se ne riparlerà nella prossima legislatura.

La riforma del ministro Mariastella Gelmini è un ambizioso tentativo di ridare slancio all’istruzione superiore. Non è perfetta. Ci sono anche cose che non convincono. Ma è sicuramente il frutto di uno sforzo encomiabile di affrontare di petto i problemi dell’Università. Chi la rifiuta in blocco lo fa per faziosità ideologica oppure perché appartiene ai settori più conservatori del mondo universitario. Molti, però, fra gli universitari, si rendono conto che il provvedimento è indispensabile. I rettori più consapevoli della necessità della riforma e anche tanti professori la aspettano con più fiducia che apprensione. Ed è un merito della Gelmini e del suo lavoro. Anche gli imprenditori attendono il provvedimento essendo chiaro che miglioramenti sensibili del capitale umano (della preparazione dei nostri laureati) saranno necessari, nei prossimi anni, all’economia italiana. Il varo della riforma era insomma un test atteso da m o l t i p e r v a l u t a r e l’affidabilità dell’esecutivo.

Che fanno allora il governo (il «governo del fare» come piace definirlo al presidente del Consiglio) e la sua maggioranza? Rinviano la riforma e ne mettono a rischio l’attuazione. Mandano un altro pessimo segnale al Paese e mettono in difficoltà quei rettori che avevano dato fiducia alla Gelmini. Sembra difficile attribuire queste scelte sciagurate ad altro se non a una grave forma di miopia politica. Varare una così importante riforma significherebbe dire al Paese: è vero, siamo immersi in risse continue, ma sappiamo anche, su questioni concrete come il destino dell’istruzione superiore, portare a termine i nostri progetti. Forse, ai capigruppo di maggioranza converrebbe ripensarci. Cosa resterà altrimenti? Solo la rissa quotidiana e la prospettiva, che non dovrebbe essere allettante per la maggioranza, di uscirne alla fine con le ossa rotte.

Angelo Panebianco

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