mercoledì 27 ottobre 2010

Il Decreto !

da sito IlGiornale.it del 27.10.2010

Roma 
Un decreto per finanziare le spese inderogabili, ma anche per chiudere alcune partite politiche che sono ancora aperte, in primo luogo il nodo delle risorse per la riforma dell’università. Il cosiddetto milleproroghe - legge omnibus che tradizionalmente arriva alla fine dell’anno - potrebbe essere approvato già il prossimo mese, arricchito di un capitolo per lo sviluppo. Due provvedimenti che, insieme alla legge di stabilità attualmente all’esame della Camera, costituiscono una vera finanziaria.
Il primo provvedimento allo studio del ministero dell’Economia potrebbe essere approvato intorno alla metà di novembre e contenere misure a favore della crescita. Il secondo, il milleproroghe vero e proprio, dovrebbe invece arrivare in dicembre. In totale l’entità della «manovra» è di sette miliardi di euro, che il governo intende trovare senza ricorrere a nuovi tagli. Si dovrebbe ricorrere principalmente ai giochi e al piano delle frequenze. Quest’ultima posta vale da sola tre miliardi e consiste nei proventi della messa all’asta delle frequenze lasciate libere dal passaggio della televisione al digitale, a favore degli operatori di telefonia mobile. «La banda più pregiata è quella che viaggia sugli 800 mhz, poi 1.800 e 2.600 mhz, di minore qualità», ha spiegato ieri alle agenzie una fonte del governo.
Le spese irrinunciabili ammontano a circa 5 miliardi di euro. E le principali voci sono quelle relative alla proroga degli ammortizzatori sociali in deroga, il rifinanziamento delle missioni militari all’estero e misure a favore dell’autotrasporto. Si va verso una proroga, e quindi anche verso un rifinanziamento, della detrazione al 55 per cento per le ristrutturazioni edilizie che rispettino criteri di risparmio energetico. Allo studio anche un fondo di 100-150 milioni di euro per la ricerca.
Oltre al rifinanziamento degli ammortizzatori (la cassa integrazione in deroga), nel capitolo lavoro ci dovrebbero essere anche i nuovi sgravi per il salario di produttività. Cioè le agevolazioni fiscali del governo per favorire il nuovo modello contrattuale varato da sindacati e Confindustria.
Particolarmente atteso, il finanziamento della riforma dell’Università del ministro Maria Stella Gelmini. Nel decreto ci dovrebbero essere gli 800 milioni di euro necessari a fare partire la riforma; fondi che fino alla settimana scorsa sembravano in forse, oggetto di un braccio di ferro tra la stessa Gelmini e il ministro dell’Economia Giulio Tremonti.
Intanto la commissione Bilancio di Montecitorio ha iniziato l’esame della legge di stabilità e potrebbe concludere i lavori già la prossima settimana. Le opposizioni hanno protestato perché, con un nuovo decreto sviluppo alle porte, la manovra diventa «inutile».
In trepida attesa gli altri ministeri. Perché il nodo dell’Università non è l’unico e la lista delle richieste dei dicasteri, ancora allo studio di Via XX Settembre, è lunga.

venerdì 22 ottobre 2010

Università, il monito di Fini "Senza soldi meglio non fare la riforma"

da sito Repubblica.it del 22.10.1010
 
ROMA  - Gianfranco Fini lancia un monito al governo sull'attuazione della riforma dell'università 1 fortemente voluta dal ministro Gelmini: i tagli sono insopportabili, senza fondi meglio ritirarla. Parlando all'inaugurazione dell'anno accademico dell'università di Foggia, il presidente della Camera ha sottolineato il fatto che in altri paesi europei come la Germania vengano fatte scelte diverse: "I tagli decisi in Italia sono sopportabili dalle nostre università? Credo sia onesto dire che non sono sopportabili". Secondo Fini se non si impegnano fondi per promuovere la meritocrazia "si tradisce lo spirito della riforma", e quindi "a quel punto sarebbe meglio ritirarla".

Dalla scuola al precariato, il passo è breve.  "La questione numero uno in Italia è sempre la giustizia, chissà perchè di queste cose non si discute - dice Fini - Chi si sposa in Italia se non sa che tra sei mesi avrà uno stipendio?".

Le parole di Fini arrivano pochi giorni dopo l'annuncio del ministro Maria Stella Gelmini: chiuderemo alcune università 2, aveva tuonato la responsabile dell'Istruzione: "Qualche università, purtroppo, è in una situazione di dissesto finanziario. La riforma prevede la fusione piuttosto che la federazione di atenei diversi come strumento per favorire una riprogrammazione dell'offerta formativa". In pratica la chiusura di alcuni degli 88 atenei italiani.

Posizione in controtendenza con le idee del presidente della Repubblica che aveva detto di condividere 3 "la forte preoccupazione di studenti e docenti per le difficili condizioni del sistema universitario, che nessuno può fingere di ignorare".

giovedì 21 ottobre 2010

Gelmini: chiuderemo alcune Università !!!

da sito bolognanotizie.com

ROMA, 21 OTT.“Chiuderemo alcune università”, così recita l’ultimo dictat del ministro dell’istruzione Maria Stella Gelmini. L’annuncio, rilasciato nella giornata di ieri dai microfoni del programma Mediaset Mattino cinque, trova fondamento sulla precaria situazione finanziaria di alcuni atenei italiani. “Qualche università, purtroppo, è in una situazione di dissesto finanziario. La riforma prevede la fusione piuttosto che la federazione di atenei diversi come strumento per favorire una riprogrammazione dell’offerta formativa”.
Il problema risiede nella mancanza di finanziamenti ed ecco allora che in attesa del decreto Milleproroghe di fine novembre, dal quale potrebbero arrivare una parte dei fondi destinati ai ricercatori, la Gelmini annuncia la scomparsa di università presenti in un’ipotetica black list. Ad essere investiti da questa epurazione non saranno solo le università con i conti in rosso, quindicimila docenti universitari (sui sessantamila totali) andranno in pensione senza essere sostituiti da nuovi docenti. Il ddl sulla riforma dell’università  si appresta, inoltre, ad apportare una riduzione dei corsi di laurea che passeranno dagli attuali 5.835 a poco più di 3.000 e molte sedi distaccate chiuderanno o sono già chiuse. Tra le 88 università a rischio, tra cui gli atenei di Napoli, Palermo, Bari e il Politecnico di Milano c’è anche la Sapienza, che chiuderà l’anno con un bilancio in deficit di 8 milioni: “Ho ridotto tutto quello che potevo ridurre se il ministro ritiene, mi commissari” così si è sfogato il rettore Luigi Frati.
L’effetto di tali dichiarazioni da un lato dimostrano la scarsa attenzione che in Italia si continua a dare all’istruzione, considerata sempre più come un elemento di bilancio che può essere razionalizzato a piacimento, dall’altro l’acuirsi delle proteste di studenti, ricercatori e docenti universitari, che continuando a manifestare nelle piazze e nelle università difendono il diritto inalienabile allo studio. Sicuramente molte università presentano dei conti dissestati, ma la soluzione più logica non è certamente quella di chiudere ma, forse, aumentare i finanziamenti all’istruzione.
Dino Collazzo

mercoledì 20 ottobre 2010

Regione Calabria incapace di trattenere i suoi migliori giovani laureati

da sito www.infooggi.it
A due anni dall’avvio del cosiddetto “Programma Stages”, con tanto di pomposa cerimonia di consegna dei Voucher avvenuta il 25 luglio 2008 nell’Auditorium “Nicola Calipari” di Palazzo Campanella, con interventi di personaggi autorevoli tra cui Carmela Vircillo Franklin, direttrice dell’American Academy in Rome (“Comincia il viaggio dei migliori giovani laureati calabresi” intitolava la Gazzetta del Sud il 25 luglio del 2008), ci troviamo noi vincitori del voucher a tirare le somme di questa esperienza e a dover, purtroppo, constatare un’amara realtà.
Partiamo dal bando: uno dei requisiti richiesti dall’art. 2 del bando di selezione pubblica per l’assegnazione di 250 voucher formativi nell’ambito del “Programma Stages” (L.R. n°8/2007 e art. 3 L.R. n°26/2004) era l’impegno a riportare la propria residenza in Calabria “entro un mese dall’avvio effettivo dell’attività formativa” per quei giovani che l’avevano trasferita altrove. Soprattutto, il regolamento sugli stages (approvato con deliberazione dell’Ufficio di Presidenza del Consiglio regionale n° 49 del 9 luglio 2007) ai punti 1.1.2 e 1.2.1 dichiarava espressamente che l’iniziativa non prevedeva alcun obbligo di assunzione finale, ma dichiarava altresì che l’obiettivo era quello di “attrarre e trattenere risorse umane essenziali e necessarie per lo sviluppo del tessuto sociale ed economico della Regione Calabria”; tutto ciò ha inevitabilmente creato in noi vincitori del voucher un’aspettativa, per lo meno di progettualità da parte della Regione Calabria.
Nessuno avrebbe mai immaginato che dopo due anni di residenzialità sarebbe stato beffato con una “pseudo” soluzione basata su un contratto per un anno da 10.000 euro lordi e per di più incerto perché lasciato alla discrezionalità degli Enti (art. 10 della L R. n°23/2010). Si pensava con cognizione di causa che la Regione Calabria programmasse successivamente delle attività finalizzate non solo a trattenere i suoi “migliori giovani laureati” ed a farli contribuire così effettivamente allo sviluppo socio-economico della propria terra, ma anche a raccogliere i frutti delle risorse spese in questi due anni di formazione. Ipotesi non certo utopistica considerati gli ingenti importi di fondi comunitari che potrebbero essere impegnati in simili progetti o iniziative piuttosto che rimanere puntualmente inutilizzati.
I politici calabresi tante parole hanno speso e continuano a spendere sull’emorragia dei cervelli calabresi che si deve a tutti i costi frenare, ma dopo aver chiuso le porte in faccia ai “migliori giovani laureati calabresi” quanto a lungo continueranno a decantare capacità ed iniziative volte ad arginare la fuga dei cervelli dalla Calabria? Siamo oggi degli strumenti attraverso cui potrebbero mostrare la loro coerenza, concretezza e reale capacità ed invece continuano ad improvvisare su di noi confronti con Anci, Upi e rappresentanti degli Enti Locali, per scaricare una paternità, quella del nostro Programma Stages, ormai divenuta scomoda a campagna elettorale ultimata, che di fatto è sempre e solo stata del Consiglio e della Giunta Regionale.
La nostra selezione è avvenuta solo su criteri meritocrati, forse è per questo che le nostre istanze non vengono accolte e difese? Dov’è la meritocrazia che i politici fanno credere di voler perseguire?
Il Governatore Scopelliti nel mese di Luglio ha avviato accordi con due Università di prestigio per l’avvio di una Scuola di alta formazione e l’attivazione di due Master rivolti ai giovani calabresi dichiarando che l’obiettivo è quello di “limitare la cosiddetta fuga dei cervelli” e dare “la possibilità a qualche giovane di rientrare nella propria terra”. Ci chiediamo: “Come può fare una Scuola di formazione trattenere i cervelli in fuga se poi non si prevedono reali e concrete possibilità di rimanere a lavorare per la propria terra? Ha senso per Calabria investire tempo e denaro su iniziative che poi non raggiungono gli obiettivi prefissati? Ed è giusto prendere in giro, e continuare a farlo, i migliaia di giovani brillanti laureati che spinti dalla volontà di rimanere nella propria terra sperano nella correttezza e serietà di una iniziativa? Ad Oggi ci sentiamo strumentalizzati ed ingannati dalla nostra Regione.
Molti di noi forse andranno via dopo questa esperienza, magari a mettere a disposizione di altri territori la formazione ricevuta, con l’amarezza di essersi ancora una volta sbagliati a credere nella possibilità di un cambiamento della proprio terra. Ma soprattutto ci chiediamo in che modo potremmo mai accogliere una nuova iniziativa della nostra Regione con lo stesso entusiasmo con cui abbiamo accolto quella che ci ha riguardato? Ecco come si costruisce la sfiducia nelle Istituzioni.
GLI STAGISTI

martedì 19 ottobre 2010

COSTRUIAMO NUOVE UNIVERSITÀ RISERVATE AI BRAVI SCIENZIATI

 da www.lavoce.info del 19.10.2010 (di Giovanni Abramo)

In Italia non ha molto senso parlare di università migliori di altre. Ci sono semmai scienziati o gruppi di ricerca migliori di altri, indipendentemente dagli atenei cui appartengono. Distribuiti a macchia di leopardo, cosicché nessuno raggiunge quella massa di eccellenza critica necessaria per competere a livello internazionale. Stesso discorso vale per gli studenti più capaci. Si dovrebbe perciò favorire la nascita per gemmazione di nuove università, equamente distribuite sul territorio, verso le quali far migrare solo i professori più bravi.

per l'articolo completo clikka articolo Abramo

lunedì 18 ottobre 2010

Napolitano: condivido preoccupazione di studenti e docenti per situazione università

PISA (Reuters) 18.10.1010 - Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha detto oggi di condividere la forte preoccupazione di studenti e docenti per la situazione del sistema universitario, aggiungendo che che assieme alla rivendicazione di risorse adeguate è necessario che si apra a un percorso di incremento dell'efficienza.
"Condivido le forti preoccupazioni di studenti e docenti e conto sul vostro sentimento di responsabilità, al di là dei momenti di comprensibile frustrazione[...] Nessuno può fingere di ignorare le difficili condizioni in cui versa il sistema", ha detto Napolitano durante il suo intervento alle celebrazioni per il bicentenario della Scuola normale superiore di Pisa.
Il capo dello Stato ha aggiunto che, pur "senza interferire sulle decisioni del governo e sulle discussioni parlamentari, sento di dover riaffermare, e non cesserò di farlo, il rilievo prioritario che va attribuito, non a parole ma con i fatti, alla ricerca, all'alta formazione e dunque all'università".
"La consapevolezza del ruolo prioritario e strategico" della ricerca e della formazione "non è separata alla più ampia disponibilità e partecipazione a un cambiamento necessario cui non possono opporsi nè interessi particolari nè vecchi schemi e tabù", ha detto ancora Napolitano.
"Riconoscere la priorità di ricerca e formazione deve riflettersi nella scala di investimenti e di risorse pubbliche ma, non è superfluo ripeterlo, aprirsi anche a un percorso di razionalizzazione e qualificazione nell'impiego delle risorse con tutto ciò che questo comporta sul piano dell'ordinamento degli studi e del governo dell'università, così da elevarne efficienza e rendimento qualitativo".
Al termine del suo intervento, il presidente della Repubblica ha ribadito la propria vicinanza "all'impegno, allo sforzo e alle istanze" di docenti e studenti anche in un "tempo ingrato".
Oggi, mentre si aprivano le celebrazioni per il bicentenario della Scuola normale, un gruppetto composto da circa un centinaio di manifestanti si è radunato nella piazza dove ha sede l'istituto scandendo slogan contro il ddl Gelmini.
I manifestanti hanno applaudito il presidente Napolitano al momento del suo arrivo e gli hanno chiesto di difendere il sistema pubblico di istruzione.

domenica 17 ottobre 2010

UN PAESE PER ANIME MORTE !!! (Fo e Rame firmano appello contro ddl Università)

da sito Repubblica.it del 17.10.2010

Dal sito della rete 29 aprile lanciata una raccolta firme contro il ddl sull'università: "Insegnare non è fare un lavoro come un altro, non è timbrare il cartellino: è spendere sogni, anni, fatica e sudore. Un paese in cui chi insegna o ricerca è costretto ad andarsene o vergognarsi di ciò che fa non è un paese né per giovani né per vecchi"
 


Anche i ricercatori bolognesi, assieme ai colleghi di molti atenei italiani, aderiscono all'appello "Per non rinunciare al futuro", che vede come primi firmatari Dario Fo e Franca Rame e che è stato fatto proprio dalla rete 29 aprile. "Il sistema scolastico e universitario italiano è in grave pericolo - è il testo dell'appello - Un pericolo serio, reale, non dovuto al dilagare della tv spazzatura, non provocato dal terrorismo islamico e stranamente neppure causato dai mutamenti climatici; la scuola e l’università italiana sono a rischio perché si tagliano drasticamente le risorse che, pur tra mille difficoltà, hanno permesso fino a oggi il loro funzionamento e garantito l’esistenza di insegnanti e ricercatori convinti di star svolgendo un compito importante".

Non si placa la protesta in seno al mondo universitario contro il progetto di riforma del ministro Mariastella Gelmini. "Insegnare non è un lavoro come un altro - scrivono i firmatari, che nel pomeriggio di oggi hanno superato quota trecento - Fare ricerca non è una comoda pratica per timbrare il cartellino e poi subire un lavoro più o meno tollerato o detestato: è spendere sogni, anni, fatica e sudore per studiare, interpretare, valutare, elaborare ipotesi, fare confronti, trasmettere conoscenze e gli strumenti per elaborarle".

In Italia, denunciano i firmatari, quest'attività viene privata di rispetto e dignità, mentre "in tutti i Paesi dell’Unione europea l’insegnamento è riserva strategica di competenze e sapere; nel nostro Paese l’insegnante è screditato agli occhi di un’opinione pubblica resa sempre meno responsabile verso il futuro, il docente universitario viene visto come un comodo elefante parcheggiato in una placida savana, mentre il ricercatore viene considerato un tipo strambo prossimo al disadattamento".

Il ddl sulla riforma universitaria "arranca alla Camera" e per i firmatari questo è salutare: "non si può fare una riforma senza i fondi". Ma nella loro battaglia contro un'università che aumenta il precariato e che scardina l'insegnamento dal suo piedistallo, fanno i conti delle risorse venute a mancare: "in totale, alla formazione scolastica e universitaria italiana vengono sottratti in cinque anni 10 miliardi di euro. Si tratta di una cifra paragonabile all’entità degli aiuti inviati in Italia col Piano Marshall dal 1948 al 1952. Quattro anni che allora cambiarono in meglio un Paese devastato dalla guerra, cinque anni che oggi possono distruggere quello che rimane di un sistema scolastico e universitario che un tempo era reputato tra i migliori al mondo".

E in conclusione, l'appello a chi vuole combattere questo progetto: "Un paese nel quale chi insegna o ricerca è costretto ad andarsene o vergognarsi di ciò che fa, perché sottovalutato, denigrato e offeso proprio da chi dovrebbe garantire la sua professionalità, non è un paese né per giovani né per vecchi: è un paese di anime morte".

sabato 16 ottobre 2010

Carissimo precario ........ (videolettera di Nichi Vendola)

da sito Repubblica.it del 16.10.2010

Sono «i veri eroi dei nostri tempi». Parola del governatore della Puglia che ai precari dell´università dedica una videolettera trasmessa sul sito nichivendola.it. «Caro precario, io penso che non valga la pena di lamentarsi. Forse è giunto il momento di rivoltarsi» racconta il portavoce nazionale di Sinistra e libertà.
«Siamo al capolinea di una stagione che ha sfigurato l´Italia - afferma tra l´altro Nichi Vendola - e che ha massacrato diritti sociali fondamentali. Il colpo grosso è quello che riguarda proprio la formazione: precarizzare il mercato del lavoro e rendere precaria la cultura, gli apparati formativi, i docenti, gli insegnanti, gli studenti. La società della precarietà».

«Carissimo precario» ripete il presidente della Regione «la voglia di scriverti mi deriva dalla considerazione della tua ingratitudine: in fondo tu sei il vero eroe del nostro tempo. I precari che oggi dilagano in ogni segmento del mondo produttivo sembrano viceversa non accorgersi di questa centralità» afferma Vendola. E aggiunge: «In particolar modo, la tua ingratitudine rischia addirittura di rappresentare un granello di sabbia che può inceppare il meccanismo del governo».
Vendola continua puntando l´indice sul ministro Gelmini: «E´ stata sul punto di mettere una toppa a quel dolore acutissimo o a quel buco violentissimo che si sta creando nel sistema universitario, e la toppa era un emendamento salva-precari. Ma anche questa volta non aveva fatto i conti con il ministro Tremonti. Giacché siamo di fronte a un monopolio tremontiano, con un commissariamento politico del governo Berlusconi».
L´università italiana, di fatto, subirà tagli per 1 miliardo 400 milioni di euro, «un salasso che non ha precedenti nella storia italiana, sostanzialmente un colpo alla nuca del sistema universitario. Non c´è salva-precari, non c´è salvezza», sostiene Vendola, che taglia corto: «Sei ancora una volta, caro precario, l´eroe del governo Berlusconi».

Da Palermo, dove partecipa ad una manifestazione di Sinistra e libertà, Vendola chiede le dimissioni di Maria Stella Gelmini: «L´Italia è, ormai da tempo, fisiologicamente nel fango. Per esempio, siamo stati bombardati dal propagandismo di regime su una riforma epocale, quella dell´università che giungeva ormai in dirittura d´arrivo. A questo proposito quello che è accaduto l´altro ieri è surreale. Dopo un anno intero di discussione sul suo carattere rivoluzionario, la riforma slitta perché era stata approvata da un ramo del Parlamento senza la copertura economica. A questo punto il ministro dell´Istruzione dovrebbe dimettersi».
A Roma, intanto, sette parlamentari del Pd - Grassi, Bellanova, Bordo, Capano, Mastromauro, Servodio, Vico - domandano al titolare dell´Economia: «Quando il governo firmerà il piano di rientro dal deficit sanitario predisposto dalla Regione Puglia»? In ballo ci sono 500 milioni di euro.

giovedì 14 ottobre 2010

Tremonti: massimo impegno per università ma con "milleproroghe"

Roma, 14 ott. (Apcom) - Sull'Università Giulio Tremonti garantisce "il massimo impegno possibile" in termini di risorse, ma si procederà con il cosiddetto decreto "Milleproroghe" e non prima. Dopo il Consiglio dei ministri che ha approvato la Finanziaria, il ministro dell'Economia ha risposto così ad una domanda sullo stop alla riforma universitaria. "Col provvedimento di fine anno - ha spiegato il ministro - si aggiustano alcune voci che riteniamo meritevoli. Ovviamente - ha precisato - devi fare la colonna delle esigenze e quella delle disponibilità. Ma l'impegno sull'università è di mettere quanti più soldi possibili. Sull'università e sugli ammortizzatori sociali, abbiamo ben chiare" le esigenze "ma si fa con quel provvedimento, come da sempre".

mercoledì 13 ottobre 2010

Frane, alluvioni e terremoto: 6 milioni di Italiani in zone ad alto rischio

 da sito laRepubblica.it del 15,10.2010
 
 
ROMA - Sono circa 6 milioni gli italiani che vivono in zone a elevato rischio idrogelogico. Il dato emerge da "Terra e sviluppo, decalogo della terra 2010 - Rapporto sullo stato del territorio italiano", realizzato dal centro studi del Consiglio nazionale dei Geologi (Cng), in collaborazione con il Cresme, presentato in Campidoglio a Roma. Le cifre elencate dalla ricerca sono inquietanti: 29.500 chilometri quadrati di territorio a "elevato rischio idrogeologico", 1.260.000 edifici "a rischio frane e alluvioni" di cui "oltre 6 mila scuole, gli ospedali sono 531".

E' "un'Italia dal territorio fragile - spiega il presidente del consiglio dei geologi, Pietro Antonio De Paola -. Le aree a elevata criticità idrogeologica rappresentano il 10% della superficie italiana e riguardano l'89% dei comuni". C'è poi l'elevato rischio sismico, che riguarda "circa il 50% dell'intero territorio nazionale e il 38% dei comuni". "E' chiaro - sottolinea De Paola - che con queste cifre la tutela della popolazione, il risanamento idrogeologico e la messa in sicurezza del patrimonio da eventi disastrosi diventano prioritari per il paese. Per questo è necessario che cresca la consapevolezza degli amministratori locali e della politica".

La classifica delle regioni a rischio idrogeologico. Il rapporto stila una sorta di "classifica" delle regioni a più alto rischio idrogeologico. Al primo posto l'Emilia Romagna, con 4.316 chilometri quadrati di superficie esposta. A seguire il Piemonte (3.097 chilometri quadrati), la Campania (2.598), la Toscana (2.542), la Lombardia (2.114) e il Trentino-Alto Adige (1.653). Il Lazio ha 1.309 chilometri quadrati a rischio, mentre la Liguria è la regione meno a rischio con "soli" 470 chilometri. In queste aree sono esattamente 1,26 milioni gli edifici a rischio, di cui circa 6000 scuole e 531 ospedali. Ben il 19% della popolazione residente nella aree critiche vive in Campania.

La mappa del rischio sismico. Cambiano le posizioni, ma è ugualmente allarmante la classifica di chi è a elevato rischio terremoti. I comuni italiani interessati sono 725, contro i 2.344 inseriti nella lista di quelli a rischio medio. Nel primo gruppo risiedono 3 milioni di abitanti e sono presenti 6,3 milioni di edifici per 12,5 milioni di abitazioni. La regione italiana con la maggior superficie esposta al rischio elevato è la Sicilia con 22.874 chilometri quadrati e quasi 1,5 milioni di edifici, tra cui 4.856 scuole e 390 edifici ospedalieri. Seguono la Calabria (15.081 chilometri, 719.481 edifici, 3.130 scuole e 189 ospedali), la Toscana (14.408 chilometri, 563.501 edifici, 2.864 scuole e 248 ospedali), la Campania (12.319 chilometri, ben 865.778 edifici di cui 4.608 scuole e 259 ospedali) e il Lazio (10.344 chilometri, 517.508 edifici, di cui 2571 scuole e 249 ospedali).
L'Emilia Romagna ha 7.203 chilometri esposti e 329.591 edifici coinvolti, di cui 1650 scuole e 196 edifici ospedalieri. Abruzzo e Umbria, dove si sono verificati i due più recenti e drammatici terremoti, hanno, rispettivamente, 9.032 e 6.814 chilometri quadrati ad alto rischio, una superficie in termini assoluti più bassa di tante altre regioni, ma proporzionalmente molto più alta. Completamente esenti da rischio elevato solo la Valle d'Aosta, la Sardegna e il Trentino-Alto Adige.

I costi del dissesto. L'ultima parte del rapporto è dedicata ai costi per il dissesto idrogeologico e dei terremoti in Italia dal dopoguerra ad oggi. Secondo Cng e Cresme, superiori ai 213 miliardi di euro il costo, poco più di 27 i miliardi investiti dal 1996 al 2008.

E Bossi annuisce: meglio soldi alla ricerca che alle bombe

(AGI) - Roma, 13 ott. - "Quando arriva a Tremonti, se non ha i soldi, finisce tutto li'...". Cosi' il leader della Lega e ministro per le Riforme, Umberto Bossi, risponde ai giornalisti che gli chiedono se e' d'accordo sulla possibilita' di dotare gli aerei militari italiani di bombe, dopo l'attentato subito in Afghanistan dalle nostre forze in cui sono morti quattro alpini. Con i giornalisti Bossi parla anche del Ddl sull'Universita' e dello stop da parte del Tesoro: "O diamo i soldi all'Universita' o li diamo alle bombe. E' una bella scelta", osserva Bossi. Vicino al leader del Carroccio c'e' una parlamentare della Lega che si dice favorevole a che i soldi vadano per la ricerca e Bossi annuisce.
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Disappunto della CRUI per ipotesi di slittamento voto riforma università

 da sito della Stampa.it del 13.10.2010
Fli pronto a dare battaglia: trovare subito le risorse o rinviare tutto. L'esame della legge a novembre
ROMA
Manca la copertura finanziaria e l’approvazione alla Camera del ddl di riforma dell’università slitta di un mese: il testo doveva approdare in aula domani, per avere una «corsia preferenziale» prima della sessione di bilancio. Ma poi è stato calendarizzato venerdì, appuntamento che slitterà visto che, in una riunione, governo (Tremonti e Gelmini) e maggioranza (ha partecipato anche Fli) hanno deciso di lasciare in stand by per un mese il testo, che non cambia, in attesa di risorse che si è determinati a trovare.

E poco importa una eventuale «bocciatura» della commissione Bilancio che ha rinviato a domani l’esame del testo, perchè, secondo chi ha partecipato all’incontro, c’è la volontà politica di trovare i soldi. Volontà che lo stesso premier ha assicurato al ministro Gelmini, la quale, preoccupata e contrariata per lo stop ricevuto, l’ha chiamato ad Arcore.

Dove Berlusconi ha incontrato in mattinata lo stesso Tremonti, con in agenda anche il tema riforma atenei. Anche il sottosegretario Gianni Letta ha dato il suo impegno per il reperimento delle risorse per i ricercatori italiani e per la riforma.

«Accolgo positivamente - ha detto Gelmini - il fatto che il centrodestra ritenga l’università una priorità. Arrivati a questo punto, ha ragione la maggioranza quando chiede di legare e contestualizzare le riforme alle risorse. Il Miur ha presentato una riforma, moderna e innovativa, che ha l’ambizione di rilanciare l’università italiana. Ora tocca al Parlamento approvarla e al ministero dell’Economia valutarne la copertura».

Quello che pesa sono le corpose modifiche apportate in commissione Cultura, in particolare quella che prevede l’assunzione di 9 mila ricercatori: un «peso» talmente forte secondo il Tesoro, che potrebbe determinare «effetti finanziari negativi tali da pregiudicare la stabilità dei conti di finanza pubblica». Con la Ragioneria della Stato che ha espresso analoghi rilievi.

La Conferenza dei Rettori ha espresso immediatamente «disappunto e vivo allarme» per la concreta ipotesi di slittamento del voto a dopo la sessione di bilancio del voto in aula alla Camera del Ddl di riforma dell’Università, in pratica il rinvio di almeno un mese (il tempo presumibile che sarà dedicato all’analisi dei conti dello Stato).

Secondo la Crui, in primo piano c’è più che mai «la questione delle risorse», ribadendo «con forza l’esigenza di assicurare al più presto i finanziamenti indispensabili».

Ma da Viale Trastevere si fa notare che in realtà si tratta di uno slittamento dovuto ad un nodo tecnico-politico che potrebbe portare all’approvazione della riforma Gelmini anche entro la fine di novembre, in ogni caso in tempo visto che la legge entrerà in vigore il prossimo anno accademico, il 2011/2012. Certo, viene sottolineato sempre da Viale Trastevere, le risorse necessarie vanno trovate, altrimenti la strada diventerebbe più complessa.

Mentre il Pd plaude per il rinvio e parla di »inaffidabili promesse del governo« che va in tilt, il Pdci parla di «fallimento» della Gelmini, chiedendone le dimissioni. Con Francesco Rutelli che sottolinea l’incapacità del governo a fare le riforme.

Umberto Bossi, da parte sua, ricorda che qualsiasi cosa «quando arriva a Tremonti se non ci sono i soldi finisce lì. O diamo i soldi all’università o alle bombe per gli aerei» in Afghanistan. «Si tratta di una bella scelta», aggiunge, spiegando che però lui preferisce certo «la ricerca».

Fli ha definito «determinante» per il provvedimento la norma riguardante i ricercatori universitari. «Abbiamo deciso - sottolinea il "finiano" Fabio Granata, presente alla riunione governo-maggioranza - di non forzare i tempi e di andare a dopo la sessione di bilancio in modo da garantire le coperture».

«Il gioco delle tre carte della Gelmini e di Tremonti - afferma Domenico Pantaleo, Segretario Generale della Flc-Cgil - è stato svelato. Adesso puntiamo ad aprire una grande e partecipata discussione pubblica sul futuro dell’università Italiana». E domani il sindacato con le associazioni degli studenti, sarà davanti a Montecitorio proprio per protestare contro le riforma.

Il ministero del Tesoro ha espresso dunque «parere contrario all’ulteriore corso» di una serie di norme che »presentano profili di criticità sotto l’aspetto economico finanziario per le quali si rende necessario, quale condizione imprescindibile perchè il provvedimento possa proseguire il suo iter una serie di modifiche o «la loro soppressione».

Tra i punti "critici" anche il piano di concorsi per 9mila ricercatori universitari tra il 2011 e il 2016. «L’emendamento - si legge nel testo - prevede l’istituzione di un Fondo per la valorizzazione del merito accademico con dotazione di 90 milioni di euro per l’anno 2011, 263 milioni di euro per l’anno 2012, 400 milioni di euro per l’anno 2013, 253 milioni di euro per l’anno 2014, 333 milioni di euro per l’anno 2015, 413 milioni di euro per l’anno 2016 e 480 milioni di euro per l’anno 2017. Il fondo è finalizzato alla chiamata di 1.500 professori di seconda fascia per ciascuno degli anni compresi nel periodo 2011-2016 e a valorizzare il merito dei professori e ricercatori universitari inquadrati nella prima progressione economica».

«Circa la copertura utilizzata si fa presente che le risorse iscritte sul Fondo per gli interventi strutturali di politica economica» sono «interamente destinati all’attuazione della manovra di bilancio relativa all’anno 2011». Si aggiunge infine che il citato Fondo risulta «incapiente a decorrere dall’anno 2012, rispetto agli oneri indicati nell’emendamento».

Riforma Università: Ragioneria dello Stato non copre spese e maggioranza si convince a rinviare voto alla Camera a dopo sessione bilancio

Gelmini chiama Berlusconi, ma Tremonti non cede

(ApCom) Se ne riparlerà a fine novembre, forse addirittura a gennaio: la riforma dell'Università, prevista domani nell'Aula della Camera per la sua approvazione, slitta di almeno un paio di mesi, in attesa che il Governo riesca a trovare le risorse necessarie per 'coprire' le modifiche apportate in commissione a Montecitorio, in particolare quella che prevede l'assunzione di circa novemila ricercatori. Nonostante la telefonata a Silvio Berlusconi, Mariastella Gelmini deve dunque incassare il rinvio della riforma: perchè nell'incontro ad Arcore tra il premier e Giulio Tremonti, riferiscono fonti di Governo, la risposta del ministro dell'Economia è stata secca: "I soldi non ci sono". Tutto è iniziato dopo che la commissione Bilancio della Camera si era trovata di fronte alla netta bocciatura da parte della Ragioneria Generale dello Stato delle modifiche apportate dalla commissione Cultura della Camera, per cui il parere della Bilancio non sarebbe potuto essere che negativo. Per proseguire l'esame del ddl in Aula, dunque, si sarebbero dovute eliminare le modifiche della commissione Camera e tornare al testo Senato: ma Futuro e Libertà ha subito bocciato questa ipotesi, ritenendo "dirimente" la norma che prevede l'assunzione dei ricercatori. La bocciatura del Tesoro ha provocato l'immediata reazione della Gelmini che, a quanto si apprende, ha chiamato direttamente il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi per chiedere un intervento a difesa della sua riforma. Ma l'incontro ad Arcore tra Berlusconi e Tremonti non avrebbe spostato di un millimetro la posizione del titolare dell'Economia. E così, in serata, nella riunione alla Camera tra i due ministri e la maggioranza si è deciso di prendere tempo e rinviare a dopo la sessione di bilancio l'esame della riforma. Con Gelmini che successivamente scarica sul Tesoro la responsabilità del rinvio: "Il Miur ha presentato una riforma, moderna e innovativa, che ha l'ambizione di rilanciare l'università italiana. Ora tocca al Parlamento approvarla e al ministero dell'Economia valutarne la copertura". reale.

Roma, 13 ott. (Apcom) - Il governo e la maggioranza hanno deciso di sospendere l'esame della riforma dell'Università a dopo l'approvazione della Finanziaria e del 'milleproroghe'. E' quanto si è deciso nella riunione alla Camera tra i componenti di maggioranza della commissione Cultura e i ministri dell'Istruzione Maria Stella Gelmini e dell'Economia Giulio Tremonti. La commissione Cultura dunque non si riunirà più sul ddl fino a quando non sarà approvata la Finanziaria, nella quale la maggioranza spera di trovare le coperture necessarie per le modifiche apportate dalla commissione Cultura della Camera, tra cui l'assunzione di oltre novemila ricercatori.
Nella riunione infatti, riferisce la presidente della commissione Cultura di Montecitorio Valentina Aprea, si è deciso che il testo rimarrà quello modificato dalla commissione Cultura: "Abbiamo deciso di attendere il termine della sessione di Bilancio e la determinazione da parte del Governo dei fondi del 'Milleproroghe' per ottenere tutto quello concordato in commissione".

Roma, 13 ott. (Apcom) - La convocazione della riunione con Gelmini e Tremonti si è resa necessaria dopo che la commissione Bilancio della Camera si era trovata di fronte alla netta bocciatura da parte della Ragioneria Generale dello Stato delle modifiche apportate dalla commissione Cultura della Camera, per cui il parere della Bilancio non sarebbe potuto essere che negativo. Per proseguire l'esame del ddl, dunque, si sarebbero dovuto eliminare le modifiche della commissione Camera e tornare al testo Senato: ma Futuro e Libertà ha subito bocciato questa ipotesi, ritenendo "dirimente" la norma che prevede l'assunzione dei precari.
Al termine della riunione nè Gelmini nè Tremonti hanno rilasciato dichiarazioni. A spiegare l'esito dell'incontro è stata Valentina Aprea: "Si è deciso di sospendere l'esame del ddl fino al termine della sessione di Bilancio", con la speranza che in Finanziaria si troveranno nero su bianco le risorse necessarie per la copertura delle modifiche. Perchè la decisione è di "mantenere il testo approvato dalla commissione Cultura della Camera".
Scartate dunque le altre ipotesi, che andavano dallo stralcio della norma sui ricercatori alla sua trasformazione in norma ordinamentale e programmatica: "In questo modo si rischiava di acuire la tensione all'interno delle Università, si sarebbero sentiti presi in giro", spiega il finiano Fabio Granata al termine della riunione. Soddisfatti dunque i deputati di Futuro e Libertà: "E' un segnale di responsabilità da parte della Gelmini, che ha scelto di evitare forzature e scegliere la via più responsabile, aspettando il reperimento effettivo delle risorse che servono ad un settore nevralgico del Paese", dice Granata. 


Roma, 13 ott. (Apcom) - "Dopo la sonora bocciatura da parte della ragioneria generale dello stato il rinvio del voto sul ddl Gelmini a dopo la sessione di bilancio è un atto dovuto. Il gioco delle tre carte della Gelmini e di Tremonti è stato svelato". Così, in una nota Domenico Pantaleo Segretario Generale della Flc Cgil, che sottolinea come adesso si debba aprire una "grande e partecipata discussione pubblica sul futuro dell'università Italiana". "Innanzitutto - spiega - devono essere ripristinate tutte le risorse necessarie al suo funzionamento, devono costruirsi reali opportunità di carriera per i ricercatori, bisogna dare un futuro alle migliaia di precari che oggi consentono alle nostre università di funzionare e costruire un sistema di diritto allo studio vero".
Domani mattina, quindi, il presidio davanti a Montecitorio sarà una grande assemblea all'aperto "per costruire una nuova idea di università alternativa al ddl e all'Università di oggi che non ci piace".


Roma, 13 ott. (Apcom) - Nonostante l'ottimismo della presidente della commissione Cultura Valentina Aprea, che ha spiegato che l'obiettivo è "mantenere il testo approvato dalla commissione Cultura della Camera", nella riunione a Montecitorio Tremonti non ha concesso nulla: "Se metto i soldi su questa riforma ordinamentale, poi tutti verranno a chiedermi la stessa cosa per altri provvedimenti", sarebbe stato il ragionamento del ministro. Che peraltro non ha garantito neanche in Finanziaria le risorse necessarie per l'assunzione di tutti i ricercatori: per dirla con uno dei partecipanti, "non ha firmato alcuna cambiale".
Ma la stessa Gelmini ha scartato l'ipotesi di trasformare la riforma in norma solo ordinamentale, opzione cui si sono opposti anche i finiani: "In questo modo si rischiava di acuire la tensione all'interno delle Università, si sarebbero sentiti presi in giro", spiega Fabio Granata.
Da qui la decisione di mettere in stand by la riforma, rinviando a dopo la Finanziaria l'esame. Ma dal Tesoro sono scettici sulla possibilità che, tra Finanziaria e 'Milleproroghe', si mettano insieme le risorse necessarie per coprire l'assunzione dei ricercatori: "Finirà che si troverà un sistema di 'plafonamento', fino a concorrenza delle risorse disponibili, e poi per gli anni successivi si vedrà", è la previsione di viale XX settembre.


Gelmini: Fatta mia parte,ora sta a Camere e Tremonti
Roma, 13 ott. (Apcom) - "Il Miur ha presentato una riforma, moderna e innovativa, che ha l'ambizione di rilanciare l'università italiana. Ora tocca al Parlamento approvarla e al ministero dell'Economia valutarne la copertura". Lo afferma il ministro dell'Università Mariastella Gelmini, commentando il rinvio dell'esame della riforma dell'Università decisa alla Camera, d'intesa con il Governo.
"Accolgo positivamente il fatto che il centrodestra ritenga l'università una priorità. Arrivati a questo punto, ha ragione la maggioranza quando chiede di legare e contestualizzare le riforme alle risorse", aggiunge Gelmini.

giovedì 7 ottobre 2010

Ricercatori: la protesta continua

da LaRepubblica.it (edizione di Bologna) del 7.10.2010

Chi continua il blocco delle lezioni, chi rientrerà in aula. Ma tutti sul piede di guerra. La protesta dei ricercatori dell'Alma Mater va avanti e si accenderà con l'arrivo della riforma Gelmini alla Camera. L'appuntamento è per martedì, con una nuova assemblea.

"Tutte le Facoltà saranno mobilitate al massimo la prossima settimana, una nostra rappresentanza andrà a Roma a protestare con gli altri ricercatori e non ci fermeremo nemmeno se la legge passerà. Continueremo a dar battaglia sui regolamenti e sui decreti attuativi". Le conclusioni, alla fine di una lunga e disordinata assemblea, sono di Loris Giorgini e Daniele Bigi, rappresentanti dei ricercatori, mentre gli studenti e i ricercatori del collettivo Bartleby annunciano un sit-in davanti al rettorato il 14 ottobre. Due proteste parallele che ieri all'assemblea non si sono unite. Anzi.

Gli ex dell'Onda hanno tentato più volte di raccogliere adesioni alla loro mobilitazione di piazza. Tentativo fallito. "Prendiamo le distanze, non condividiamo i loro principi e modi", dicono i rappresentanti dei ricercatori alla fine della discussione partita ieri all'una all'aula V di Palazzo Poggi e terminata, dopo due ore, nel cortile interno el Rettorato perché l'aula doveva essere liberata - ironia del caso - per far fare lezione agli studenti di Giurisprudenza.

La settimana calda che si preannuncia avrà un'anticipazione domani con l'assemblea nazionale dei ricercatori precari, dalle 11 alle 18, all'aula B di viale Berti Pichat. Verranno da tutta Italia, sono gli "invisibili" che studiano e fanno didattica nelle università con assegni di ricerca, contratti annuali, borse di studio. Quelli senza futuro. "Si sta addirittura prefigurando la rottamazione dei precari storici", protesta Francesca Ruocco, voce della rete dei precari di Bologna.

Intanto continua in alcune Facoltà il blocco della didattica da parte dei ricercatori, ma l'effetto per ora è su pochi corsi. Tranne ad Agraria, dove 82 ricercatori su 87 hanno confermato "con sofferenza" l'indisponibilità perché "è l'unico mezzo per richiamare l'attenzione sui gravi problemi che affliggono l'università pubblica", e 50 insegnamenti su 230 non sono partiti.

"Non c'è stata alcuna sostituzione e per ora sono sospesi - spiega il presidente della Commissione didattica Alberto Vicari -. Qualche problema c'è in due lauree magistrali". Le lezioni sono state riprese dai ricercatori ad Architettura, alla Scuola interpreti e a Ingegneria di Cesena. Rimane con adesioni molto alte (95 su 150) la rinuncia ai corsi a Scienze, dove alcuni ricercatori hanno proposto in assemblea di rientrare in aula nel secondo semestre se gli emendamenti alla riforma saranno accolti. Nelle altre Facoltà dove parte dei ricercatori si sono resi "indisponibili" a fare lezione, la protesta continuerà sino alla prossima settimana, in attesa di vedere cosa succederà a Roma.

Intesa sulla riforma dell'università: avanti a passo spedito

da sito ilTempo.it del 7.10.2010

La riforma dell'università sembra essere uscita dal rischio «stallo», o addirittura «affossamento», che correva fino a pochi giorni fa. Due vertici delle forze di maggioranza (ieri al Senato e alla Camera presente anche il ministro Gelmini) hanno stabilito di accelerare l'iter del ddl che riordina il sistema universitario italiano, prevedendo che non venga penalizzato dalla imminente sessione di bilancio. Gli esponenti di Pdl, Lega, Mpa e Futuro e Libertà hanno anche trovato un accordo su alcuni emendamenti che riguardano i ricercatori, uno dei nodi cruciali del provvedimento anche alla luce delle proteste in atto ormai da parecchie settimane in diversi atenei, ma il segnale importante è soprattutto politico. «La volontà di accelerare l'iter - ha commentato il ministro Mariastella Gelmini - è importante per il Paese perché riguarda un settore centrale come quello dell'università. La riforma darebbe una risposta ai ricercatori e sarebbe, in questa difficile fase, un segnale di ricompattamento della maggioranza, un segnale positivo di coesione, che indica che la legislatura va avanti, che non c'è nessuna interruzione e non c'è nessuna volontà di andare alle elezioni». La prossima capigruppo della Camera, che presumibilmente si riunirà lunedì, dovrà decidere la nuova calendarizzazione (attualmente il ddl è in aula il 14 ottobre). La relatrice Paola Frassinetti (Pdl) auspica che il provvedimento possa arrivare in aula prima del 14 e che lo si possa approvare prima dell'avvio della sessione bilancio. Da parte dell'opposizione è arrivata la promessa di un «atteggiamento costruttivo». «Condizioniamo all'accoglimento delle nostre proposte - ha detto il presidente Pd, Dario Franceschini - la disponibilità ad affrontare la riforma anche durante la sessione di bilancio che comincia il 15 ottobre». Intanto, però, è stato messo qualche punto fermo sui contenuti. In commissione è stato approvato l'emendamento per assumere 9.000 professori associati nei prossimi sei anni e per «valorizzare nel triennio 2011-2013 il merito accademico dei professori e dei ricercatori in quadrati nella prima progressione economica», prevedendo così il primo scatto di carriera per i più meritevoli.

mercoledì 6 ottobre 2010

Primo risultato positivo del PD in merito al disegno di legge Gelmini

nota AGIPRESS del 8.10.2010 ore 11:45
 
Da poco più di due settimane e’ stato incardinato presso la VII Commissione Cultura della Camera dei Deputati il DdL n.3687 recante Norme in materia di organizzazione delle università, di personale accademico e reclutamento, nonché delega al Governo per incentivare la qualità e l'efficienza del sistema universitario, già approvato al Senato alla fine del mese di luglio.“In Commissione VII - scrive l’on Rosa De Pasquale - la discussione generale e le audizioni, fortemente da noi richieste, si sono svolte in un situazione di grande fretta, determinata dalla volontà del Ministro Gelmini e della Presidente Aprea, di precipitare i tempi e di impedire un’ampia approfondita discussione ed analisi intorno al Provvedimento, come una vera democrazia parlamentare avrebbero di contro imposto. Abbiamo a gran voce sostenuto, oltre alle numerose osservazioni rappresentate nel merito, che senza risorse non si possono fare delle riforme, infatti non solo non sono state previste risorse aggiuntive, ma i tagli ai finanziamenti per il prossimo anno sono stati conteggiati in un miliardo e 350 milioni di euro”.Il disegno di legge Gelmini verrà posto in votazione in Aula solo dopo la discussione della legge finanziaria.Giudizio positivo sull’andamento della discussione da più parti. In particolare dalla Toscana, dove Oreste Giurlani, presidente di Uncem Toscana, ringrazia l’on. De Pasquale ed il PD per il loro impegno in Parlamento, ricordando che “l’istruzione rimane alla base per lo sviluppo democratico del Paese e che la montagna si attende molto da riforme condivise per consentire anche alle giovani popolazioni che vivono in aree disagiate di non sprecare alcuna occasione di apprendimento”.

Gelmini ottimista su approvazione ddl Università

"C'è la consapevolezza che serve al paese ed è urgente"
Roma, 6 ott. (Apcom) - Il ministro dell'Istruzione, Mariastella Gelmini, è ottimista su un'accelerazione del percorso parlamentare per la riforma del sistema universitario. "In Parlamento - ha detto la Gelmini - il problema sarà risolto e sono ottimista, perchè dalla maggioranza e anche dall'opposizione c'è la consapevolezza che questa riforma serve al paese ed è urgente". "Non abbiamo ancora risolto i problemi - ha sottolineato il ministro durante un convegno dell'Acri - ma da tutti i gruppi della maggioranza colgo la volontà di accelerare l'iter della riforma, e in questa difficile fase sarebbe un segnale di ricompattamento". E la riunione di maggioranza del pomeriggio, ha concluso la Gelmini, "mi auguro che possa aiutare l'accelerazione dell'iter".

Una riforma da cancellare

da sito lastampa.it del 6.10.2010


Una chiamata a raccolta in vista della manifestazione nazionale di venerdì prossimo contro la riforma dell’università. Dopo l’assemblea delle facoltà scientifiche di lunedì, con quattrocento partecipanti, si è svolta ieri a Palazzo Nuovo quella organizzata dal movimento Studenti Indipendenti e dalla rete dei ricercatori. Seicento tra universitari, ricercatori, qualche professore e preside di facoltà, hanno risposto all’appello. Obiettivo: far sentire ancora una volta il dissenso totale verso il ddl Gelmini che dovrebbe essere discusso in Parlamento la prossima settimana. Una riforma che sta mettendo in ginocchio gli atenei, poiché ha scatenato la protesta dei ricercatori, la cui figura rischia di sparire. Chi fa ricerca, circa il 30 per cento del personale docente, ha scelto di non insegnare quest’anno, mobilitazione che ha provocato lo slittamento dell’inizio delle lezioni e lasciati scoperti molti insegnamenti.

Per gli organizzatori, l’incontro ha voluto coinvolgere «tutti i soggetti che lavorano e studiano in università, ma anche rappresentanti dei sindacati», come Pino Capozzi ed Edi Lazzi della Fiom, presenti alla manifestazione. «Tocca a noi muoverci contro questo ddl dei disastri che parla di meritocrazia a caso, affossando il livello medio della didattica», ha detto Alessandro Ferretti ricercatore a Fisica e portavoce della rete di protesta «29 aprile». Studenti e ricercatori promettono nessuno sconto anche a «cose fatte». Per Ferretti, che venerdì sarà a Bologna, centro della protesta dei precari dell’Università, «la mobilitazione non si fermerà anche dopo l’eventuale approvazione-lampo del disegno di legge; stavolta la tecnica del muro di gomma adottata dal governo non funzionerà».

La posizione degli studenti è netta. Nessuno spazio per i compromessi, la riforma va cancellata. Lo spiegano gli universitari che hanno studiato il ddl, illustrandolo ieri durante i dibattito a compagni e docenti: «È un provvedimento che si fonda sui tagli alla spesa per l’istruzione e toglie qualsiasi potere alle istituzioni universitarie, senato accademico in testa, per dirottarlo sulle poche poltrone del consiglio di amministrazione». Insomma per gli studenti la riforma non può essere corretta o migliorata a suon di modifiche. «Va stracciata e riscritta da capo, su altre basi». Ne è convinto anche il preside della facoltà di Lingue Paolo Bertinetti: «L’unica destinazione accettabile di questo disegno di legge è il cestino della carta straccia; deve essere bloccato e riscritto totalmente».

Riforma Università: sale la tensione

da sito www.universita.it del 6.10.2010

Sull’approvazione della riforma dell’università si respira un clima denso di tensione. Quello che nelle previsioni della ministra firmataria del ddl, Mariastella Gelmini, avrebbe dovuto essere un percorso senza troppi ostacoli, in realtà si è rivelato tutt’altro che semplice. Con lo slittamento della discussione in Aula sul ddl di riforma dell’università al 14 ottobre l’iter si è ulteriormente complicato, perché rischia di finire in coda alla sessione di bilancio che inizia alla Camera proprio il giorno seguente e che durerà almeno un mese. Se a questo si aggiunge la crisi politica delle ultime settimane, si capisce come i tempi rischiano veramente di allungarsi più del previsto. Ma non è che la ciliegina sulla torta, la goccia che fa traboccare il vaso, in questo autunno dove sono più di 10mila i ricercatori che hanno dato la loro indisponibilità a svolgere attività didattiche mettendo spalle al muro gli atenei con il rinvio dell’anno accademico.
Tra lezioni rinviate a data da definirsi, iniziative di “altra didattica” e assemblee in cui i ricercatori stanno spiegando agli studenti cos’è la riforma e i motivi della protesta dei ricercatori italiani, il dibattito sull’approvazione del ddl di riforma dell’università si spacca nettamente in due.
Da una parte, il Governo e Confindustria stanno facendo di tutto affinché la riforma venga approvata nel più breve tempo possibile, perché vedono nella non immediata approvazione del ddl la possibilità di un blocco del ddl stesso. “Pensiamo che la riforma sia fondamentale, quindi chiediamo alla maggioranza, all’opposizione, al governo stesso di rimettere in discussione la riforma alla camera. Se non si facesse per noi sarebbe un atto grave” ha dichiarato Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria. “Mi auguro che vada in porto il prima possibile” ha detto la ministra Gelmini sempre riferendosi al ddl. Sono stati gli stessi rettori a paventare il rischio di una “rottamazione prematura della riforma”.
Dall’altra parte ci sono i ricercatori che invece considerano positivo il rinvio della discussione, perché anche se la riforma dovesse avere ancora tempi lunghi prima dell’approvazione, significherebbe tenere conto delle esigenze di tutti, soprattutto di chi l’Università la vive. “Lo slittamento della discussione alla Camera è la prova che la mobilitazione paga” dicono, sottolineando come necessaria una pausa di riflessione sulla riforma e criticando fortemente la posizione dei rettori, che con le dichiarazioni di Decleva si schierano ufficialmente dalla parte del Governo e di Confindustria, spiegano. Per questi motivi i ricercatori indisponibili hanno fissato un’altra assemblea nazionale per l’8 ottobre a Bologna per rilanciare la mobilitazione “che non deve fermarsi proprio ora”.
E poi l’opposizione che ha presentato al ddl un pacchetto pieno zeppo di emendamenti “che riprende idee coraggiose di rinnovamento delle università e che riscrive profondamente il ddl Gelmini” ha spiegato la capogruppo Pd nella commissione Cultura della Camera, Manuela Ghizzoni perché “con questa legge si rischia di perdere un’intera generazione di talenti che ha già pronte le valigie per andare all’estero dove verrebbe valutata solo per il proprio valore scientifico”.
Nonostante gli studenti stiano pagando proprio in queste settimane il peso della crisi in corso, sono centinaia di loro che in tutta Italia hanno deciso di dare appoggio alla protesta dei ricercatori “perché non si tratta di una rivendicazione di categoria ma del destino di tutta l’Università pubblica”, quindi degli studenti stessi. L’Unione degli Studenti e il Coordinamento universitario Link stanno organizzando in tutta Italia assemblee nelle facoltà, com’è successo in questi giorni nelle facoltà delle università romane, ma non solo. Il 14 ottobre saranno in tanti a partecipare al presidio a Montecitorio in concomitanza con la discussione sul ddl alla Camera.

lunedì 4 ottobre 2010

LA MAGGIORANZA E LA RIFORMA GELMINI - L'Università dimenticata

da sito Corriere della Sera del 04.10.2010

Il governo e la sua maggioranza, o ciò che ne resta, accumulano autogol. Non sono bastati la disastrosa gestione del conflitto fra Berlusconi e Fini e il suo impatto negativo, registrato dai sondaggi, sui consensi al governo. Adesso, la maggioranza è anche decisa a giocarsi credibilità e aperture di credito faticosamente ottenute, grazie al lavoro dei ministri migliori, presso settori qualificati dell’opinione pubblica. Mi riferisco al probabile affossamento della riforma universitaria. La riforma era in dirittura di arrivo (l’inizio della discussione alla Camera era prevista per il 4 ottobre). I capigruppo hanno deciso il rinvio al 14 ottobre.

Dieci giorni soltanto ma sufficienti per affossare il provvedimento. Infatti, il 15 ottobre comincia la sezione di bilancio e la discussione dovrà essere subito sospesa per almeno un mese. Non solo la riforma non arriverà in porto prima dell’inizio dell’anno accademico. Ma, probabilmente, a causa dei vincoli dei calendari parlamentari e delle risse nella maggioranza, finirà per slittare sine die (si veda la puntuale ricostruzione fatta oggi, su questo giornale, da Lorenzo Salvia). Con le probabili elezioni a primavera che ormai incombono, se ne riparlerà nella prossima legislatura.

La riforma del ministro Mariastella Gelmini è un ambizioso tentativo di ridare slancio all’istruzione superiore. Non è perfetta. Ci sono anche cose che non convincono. Ma è sicuramente il frutto di uno sforzo encomiabile di affrontare di petto i problemi dell’Università. Chi la rifiuta in blocco lo fa per faziosità ideologica oppure perché appartiene ai settori più conservatori del mondo universitario. Molti, però, fra gli universitari, si rendono conto che il provvedimento è indispensabile. I rettori più consapevoli della necessità della riforma e anche tanti professori la aspettano con più fiducia che apprensione. Ed è un merito della Gelmini e del suo lavoro. Anche gli imprenditori attendono il provvedimento essendo chiaro che miglioramenti sensibili del capitale umano (della preparazione dei nostri laureati) saranno necessari, nei prossimi anni, all’economia italiana. Il varo della riforma era insomma un test atteso da m o l t i p e r v a l u t a r e l’affidabilità dell’esecutivo.

Che fanno allora il governo (il «governo del fare» come piace definirlo al presidente del Consiglio) e la sua maggioranza? Rinviano la riforma e ne mettono a rischio l’attuazione. Mandano un altro pessimo segnale al Paese e mettono in difficoltà quei rettori che avevano dato fiducia alla Gelmini. Sembra difficile attribuire queste scelte sciagurate ad altro se non a una grave forma di miopia politica. Varare una così importante riforma significherebbe dire al Paese: è vero, siamo immersi in risse continue, ma sappiamo anche, su questioni concrete come il destino dell’istruzione superiore, portare a termine i nostri progetti. Forse, ai capigruppo di maggioranza converrebbe ripensarci. Cosa resterà altrimenti? Solo la rissa quotidiana e la prospettiva, che non dovrebbe essere allettante per la maggioranza, di uscirne alla fine con le ossa rotte.

Angelo Panebianco

Università, la riforma a rischio

da sito Corriere della Sera del 04.10.2010
 
ROMA - La strada è in salita e piena di curve (politiche) pericolose. Per salvare la riforma dell'università il governo è pronto addirittura a cambiare strategia. E a giocarsi l'ultima carta: far modificare il calendario dei lavori alla Camera e progettare un intervento a favore dei ricercatori, la categoria più critica verso il ddl Gelmini.
Il problema numero uno è proprio quello dei tempi. Giovedì scorso l'esame della riforma da parte dell'Aula di Montecitorio è stato spostato dal 5 al 14 ottobre. Sembra poco, in realtà cambia tutto. Il 15 ottobre, cioè il giorno dopo, alla Camera comincia la sessione di bilancio che dura circa un mese e per regolamento costringe tutti gli altri provvedimenti ad aspettare in coda. Se sarà confermata la data del 14, quindi, la riforma non solo non sarà approvata prima che l'attività accademica entri nel vivo, come era nelle intenzioni del governo anche per evitare le proteste. Ma finirà su un binario morto, specie considerando l'eventualità delle elezioni anticipate a marzo, che comincia ad essere evocata anche all'interno della maggioranza e del governo.
Sarebbe una sconfitta per il centrodestra, che su questa riforma ha investito parecchio. E la fine di un disegno di legge che non solo ridisegna il sistema di governo delle università, riducendone l'autonomia, ma distribuisce le risorse in base alla qualità della ricerca e della didattica e reintroduce il concorso nazionale per i docenti. Misure, e il vero nodo è questo, che il ministro dell'Economia Giulio Tremonti ha definito condizione essenziale per ripianare almeno in parte il taglio da un miliardo e 350 milioni di euro previsto nel 2011 per l'intero settore.
Ce ne è abbastanza perché la maggioranza tenti di modificare il calendario della Camera mettendo sul tavolo della prossima conferenza dei capigruppo due ipotesi: anticipare l'esame dell'Aula all'11 di ottobre oppure rimandare al 18 l'inizio della sessione di bilancio. In tutti e due i casi ci sarebbe qualche giorno per approvare in Aula la riforma e poi tornare al Senato, dove votare prima che anche lì cominci la sessione di bilancio. Possibile cambiare una decisione presa solo pochi giorni fa? Difficile ma non impossibile.
Il rinvio della settimana scorsa non è stato il frutto solo delle perplessità dell'opposizione sul disegno di legge ed in particolare sulla sua copertura finanziaria. Ma è stato uno dei primi segnali di un clima politico generale mutato, a poche ore dal voto di fiducia al governo Berlusconi che non ha certo chiuso le ferite del centrodestra. Non è dunque da escludere che un esame a freddo della questione possa portare ad una scelta diversa.
Per provare a spingere in questa direzione i tecnici del ministero dell'Istruzione stanno studiando la fattibilità di un emendamento che arriva dall'opposizione e prevede per i ricercatori un'indennità didattica, cioè una piccola aggiunta in busta paga. Per legge i ricercatori che lavorano nelle università non sono tenuti ad insegnare. La realtà è ben diversa, perché sulle loro spalle pesa circa il 40 per cento della didattica. Proprio per questo, in segno di protesta contro la riforma Gelmini, quasi la metà dei ricercatori ha annunciato che da quest'anno non farà lezione. L'indennità didattica sarebbe un modo per venire incontro alle loro proteste e - visto che l'idea originale è del pd Luigi Nicolais - anche alle perplessità dell'opposizione. Ma è una strada davvero percorribile?

Anche considerando una somma contenuta (intorno ai 150 euro netti al mese) e tenuto conto che i ricercatori che fanno lezione sono circa 15 mila, si arriverebbe ad un costo di 45 milioni di euro l'anno. Non pochi dal momento che basterebbe qualche milione in meno per far partire quel piano di assunzioni di professori associati (9-10 mila in sei anni) che nelle intenzioni del governo rappresenta la strada maestra per risolvere la questione ricercatori, per la quale si esclude qualsiasi ipotesi di stralcio. I tecnici del ministero al momento sono scettici. Ma pur di riuscire a tirar fuori la riforma dal binario morto dove è inaspettatamente finita, correzioni fino a qualche giorno fa impensabili adesso hanno tutto un altro aspetto.
Lorenzo Salvia

CICCHITTO: Lo slittamento della riforma universitaria alla Camera non e' colpa della maggioranza

 da sito votaBerlusconi.it del 4.10.2010

"Siamo spiacenti, ma per quello che riguarda il disegno di legge sull’universita’ le cose alla Camera non sono andate come le rappresenta oggi Angelo Panebianco sul Corriere della Sera". Lo ha affermato il capogruppo alla Camera del Pdl Fabrizio Cicchitto, rispondendo all’editoriale pubblicato oggi sul Corriere della Sera :
"Alla riunione dei capigruppo della Camera, il sottoscritto capogruppo del Pdl e Marco Reguzzoni capogruppo della Lega hanno chiesto l’immediata calendarizzazione del disegno di legge sull’universita’, gia’ approvato dal Senato. Questa proposta ha incontrato la frontale opposizione dei capigruppo di Pd, Udc e Idv che hanno chiesto che la calendarizzazione avvenisse dopo la sezione di bilancio. Inoltre, il presidente Fini ha mediato collocandola a meta’ mese, in una posizione certamente assai incerta. Anche questa decisione e’ stata sottoposta a discussione dal sottoscritto ma, come e’ noto, il parere del presidente della Camera prevale in presenza di una divergenza fra i capigruppo. Di conseguenza Panebianco non puo’ attribuire alla maggioranza quella sorta di ’filibustering’ contro il disegno di legge sull’universita’ posto in essere dall’opposizione e non puo’ attribuire alla responsabilita’ dei capigruppo della maggioranza una decisione che e’ stata presa malgrado che il loro parere fosse ben diverso. E’ possibile che tutto cio’ sia frutto di un equivoco: evidentemente, c’e’ chi rietiene che sono i capigruppo della maggioranza parlamentare a fare e disfare il calendario dei lavori d’Aula. Non e’ affatto cosi’. Comunque, c’e’ la disponibilita’ del Pdl della Lega e mi auguro di Fli a proseguire i lavori parlamentari di venerdi’ e di sabato a meta’ ottobre, per approvare il ddl sull’universita’".