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Che l’università si sia trasformata in un supermercato delle lauree e in un esamificio è sotto gli occhi di tutti. Oltre 5 mila titoli di laurea tra triennali e specialistiche, oltre 2 mila master universitari, troppe università sedicenti tali, di paese, di provincia, di sottoscala, di campanile. La promessa operazione di disboscamento non sembra scalfire gli interessi in gioco, che hanno fatto sfuggire di mano il senso e la funzione dell’Università. La formula del tre più due andrebbe rivisitata, perché prigioniera della indefinitezza dei ruoli: un triennio professionalizzante, un biennio di specializzazione.
Il nodo è tutto da sciogliere. Ci sono lauree triennali inutili, che proseguono nella stessa Università, con gli stessi docenti, stesse materie nei successivi due anni, cosicché la laurea diventa a ciclo quinquennale con programmi di studio casuali, non orientati e prigionieri del fai da te. Saremo tutti dottori, sembra, ma di quali competenze e qualità non lo sappiamo. Meglio un buon corso triennale a cui aggiungere un anno di master, che inseguire l’Università supermarket del tre per due: paghi due e porti a casa tre prodotti spesso inservibili.
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