sabato 24 settembre 2011

Un reddito uguale per tutti - La provocazione di Gesù


George Bernard Shaw
Sia fatta la Sua volontà
Non vedo via d’uscita dalla miseria del mondo se non Gesù come uomo politico
Ediizione Chiarelettere


Un reddito uguale per tutti - La provocazione di Gesù
La presentazione dell'editor Maurizio Donati
La provocazione politica e sociale di Gesù arriva oggi in libreria con un piccolo libretto (Sia fatta la sua volontà, chiarelettere, 150 pagine, 7 euro) scritto quasi un secolo fa da George Bernard Shaw, narratore e saggista irlandese premio Nobel per la Letteratura nel 1925. Ed è una sorpresa, perché oltre a criticare un modello di sviluppo economico generatore di ingiustizie e disuguaglianze inaccettabili, ci pone di fronte alle nostre più elementari intuizioni di giustizia. Quelle intuizioni di giustizia che abbiamo sotterrato storditi dal finto benessere che ha preceduto la crisi di questi ultimi anni, da cui però è necessario ripartire se vogliamo ripensare un nuovo modello, più equo, più giusto, più umano. Un reddito uguale per tutti? I più teneri la leggeranno come un’ingenuità protocomunista. Altri, molto più pragmatici e realisti, la giudicheranno un’impraticabile utopia. Ma guardiamoci intorno e chiediamoci se non è forse di una nuova grande utopia che abbiamo bisogno. Anche libri come questo possono aiutarci. Se non indicarci una strada, almeno stabilire le priorità. Proponiamo qui un breve estratto sulla questione della giustizia distributiva secondo il punto di vista di Gesù. Quello di Shaw è una sorta di test di giustizia, che interroga ciascuno di noi, più o meno ricco, più o meno privilegiato, più o meno fortunato alla nascita. Ci interroga semplicemente come uomini. Prima di rispondere che è impossibile, chiediamoci se è giusto oppure no. E’ forse proprio il caso di ripartire dal Vangelo:
“Tanto per cominciare, sbarazziamoci dell’adorazione iconografica di Cristo. Mi riferisco letteralmente all’adorazione riservata ai quadri e alle statue che lo raffigurano, nonché ai racconti su di lui. Non appena ci accorgiamo che Gesù non è la figura innocua e inerme che ci hanno tramandato, ma un centro aggregante di influenze rivoluzionarie combattuto in ogni tempo e luogo da tutti gli Stati e dalle religioni costituite, solo allora avremo dato vita a ciò che è stato ridotto a semplice immagine.
“Non c’è certo bisogno di Gesù per dimostrare che l’attuale sistema di distribuzione della ricchezza è completamente e mostruosamente sbagliato. Vediamo milionari sorti dal nulla accanto a uomini poverissimi, logorati da una vita intera di lavoro ingrato e incessante. Una forma di distribuzione così vergognosa può essere mantenuta solo con la violenza. Chi si oppone viene liquidato. E chi prova a resistere è preso a manganellate e imprigionato: con un eufemismo questa operazione viene chiamata mantenimento dell’ordine pubblico.
“L’iniquità ha toccato un punto di non ritorno. Ormai nessuno che conosca i dati relativi alla distribuzione dei redditi può difenderli. Consideriamo ora le reazioni dell’esperienza e della sociologia moderne alla proposta di Gesù di mettere in comune le proprietà private. Sembra quasi di sentire le voci dei farisei di Gerusalemme, Corazin e Betsaida: ‘Buon uomo, se oggi suddividi equamente le ricchezze della Giudea entro la fine dell’anno avrai comunque ricchi e poveri, miseria e benessere, proprio come adesso; perché vi saranno sempre i pigri e gli industriosi, i parsimoniosi e i dissipatori’. Gesù ribatterebbe: ‘Guai a voi, bugiardi e ipocriti, poiché ogni giorno dovete ripartire le ricchezze del paese, e non un giorno soltanto. Voi avete diviso ingiustamente e avete reagito al rimprovero che vi ho rivolto creando addirittura una legge, secondo cui questo male deve permanere e ammorbare le narici di Dio per l’eternità’. Il capitalismo moderno ha fatto piazza pulita di questi primitivi appelli contro le disuguaglianze.
“Finché la comunità non si organizzerà in modo tale da rimuovere completamente la paura delle persone di non soddisfare i bisogni primari, proprio come nelle città moderne è stato dimenticato il pericolo dei lupi, non potremo mai godere di una vita sociale decente. Il fascino del sistema attuale sta proprio nel fatto che ha permesso ad alcuni di liberarsi di questa paura. Ma poiché il loro benessere è guadagnato in modo maligno, trasformando questa manciata di privilegiati in parassiti del resto della società, essi vengono colpiti da quella forma di decadenza che sembra essere la punizione biologica riservata al parassitismo. Corrompono la cultura e l’arte di governare, invece di contribuire a migliorarla, e l’eccesso di benessere di cui godono si trasforma in un danno pari all’eccesso di lavoro sulle spalle della gente comune.
“Quando finalmente lo si affronta, il problema di come distribuire il reddito non può avere che una risposta: dobbiamo percepire tutti la stessa quota. Ora, esiste già un’eguaglianza economica tra capitani, così come esiste tra mozzi. La questione, piuttosto, è se sarà possibile estendere questa condizione tra capitani e mozzi. Cosa avrebbe detto Gesù? Che se a noi interessa avere un capitano e un mozzo con l’unico scopo che ci portino da Liverpool a New York sarà sufficiente dare uno scellino al mozzo per ogni sterlina pagata al capitano, la cui formazione è stata più costosa. Però, se oltre a questo desideriamo consentire alle due anime del capitano e del mozzo, che sono inseparabili dal capitano e dal mozzo e da sole bastano a differenziarli da un mulo da soma, di sviluppare tutte le loro potenzialità, scopriremo allora che un mozzo costa più di un capitano, perché il lavoro di un mozzo non nutre l’anima quanto quello di un capitano. Di conseguenza saremo costretti a pagarlo almeno quanto un capitano, a meno che non lo consideriamo una creatura inferiore. In tal caso, è meglio che veniate impiccati quanto prima. Questo è il punto fondamentale.”

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