da www.terranews.it del 25.2.2011
(Rete della conoscenza)
STOPGELMINI. L’applicazione della riforma fa acqua da tutte le parti e i rettori non sanno che pesci prendere.
L'obbligo di rivedere gli statuti degli atenei per adeguarli alla legge Gelmini ha scatenato il caos nelle università italiane. Il testo approvato dal Parlamento, infatti, è allo stesso tempo molto rigido nello scandire i tempi e molto generico nello stabilire le modalità di attuazione. In pratica, nessuno sa bene cosa dev’essere fatto, ma l’importante è farlo in fretta e cercare di compiacere la ministra.
Perfino le modalità di elezione della commissione che deve rivedere lo statuto cambiano tra ateneo e ateneo: elezioni a suffragio universale per tutti (Trieste) o almeno per la rappresentanza studentesca (Messina), consultazioni con il Consiglio degli Studenti (Padova), nomina dall’alto da parte del rettore (Napoli). Un caso a parte è Torino, dove il Senato degli studenti aveva designato democraticamente due rappresentanti ma il rettore si è rifiutato di nominarne uno, dato che sono entrambi oppositori della riforma. A Catania la presentazione da parte del rettore di liste bloccate a Senato e Cda ha generato la rivolta dei presidi, che minacciano un ricorso al Tar, mentre studenti, precari e ricercatori continuano la mobilitazione chiedendo un processo di partecipazione democratica.
Il tema della democrazia, del resto, è all’ordine del giorno ovunque: a Bologna gli studenti hanno bloccato più volte le riunioni degli organi collegiali per chiedere che il testo finale dello statuto emendato sia sottoposto a referendum, mentre a Macerata hanno fatto irruzione all’inaugurazione dell’anno accademico per sostenere la propria petizione. Ma l’aria che tira è di tutt’altro genere: altro che referendum, rischiano addirittura di saltare le normali elezioni dei rappresentanti degli studenti. Alcuni rettori, infatti, stanno interpretando in senso ultrarestrittivo il comma 9 dell’articolo 2 della legge Gelmini, che proroga il mandato degli organi collegiali in vista della revisione degli statuti.
È evidente che ciò non impedisce affatto di rinnovare le rappresentanze studentesche, tanto che alcuni rettori, come quelli di Firenze e Pisa, hanno già convocato le elezioni rispettando la scadenza naturale del mandato. A Torino e Padova, invece, si è formata una strana (ma non inedita) alleanza tra il baronato e le parti peggiori della rappresentanza studentesca, pronte a violare ogni logica democratica per evitare di perdere la poltrona.
Nel frattempo, continua la corsa alla federazione tra gli atenei: dopo l’unione tra Bari, Foggia, Lecce, Molise e Basilicata, ora tocca agli atenei campani. Il protocollo firmato dalla ministra Gelmini e il presidente Caldoro parla già, esplicitamente, di taglio dei corsi di laurea. Ma la parte sana dell’università non sta a guardare: LINK-Coordinamento Universitario, l’Associazione Dottorandi Italiani, il Coordinamento Precari dell’Università, la Rete 29 Aprile e il Coordinamento Nazionale dei Professori Associati hanno elaborato insieme 10 punti, 10 proposte condivise da studenti, dottorandi, precari, ricercatori e professori associati, da portare in tutte le commissioni. La mobilitazione continua.
Perfino le modalità di elezione della commissione che deve rivedere lo statuto cambiano tra ateneo e ateneo: elezioni a suffragio universale per tutti (Trieste) o almeno per la rappresentanza studentesca (Messina), consultazioni con il Consiglio degli Studenti (Padova), nomina dall’alto da parte del rettore (Napoli). Un caso a parte è Torino, dove il Senato degli studenti aveva designato democraticamente due rappresentanti ma il rettore si è rifiutato di nominarne uno, dato che sono entrambi oppositori della riforma. A Catania la presentazione da parte del rettore di liste bloccate a Senato e Cda ha generato la rivolta dei presidi, che minacciano un ricorso al Tar, mentre studenti, precari e ricercatori continuano la mobilitazione chiedendo un processo di partecipazione democratica.
Il tema della democrazia, del resto, è all’ordine del giorno ovunque: a Bologna gli studenti hanno bloccato più volte le riunioni degli organi collegiali per chiedere che il testo finale dello statuto emendato sia sottoposto a referendum, mentre a Macerata hanno fatto irruzione all’inaugurazione dell’anno accademico per sostenere la propria petizione. Ma l’aria che tira è di tutt’altro genere: altro che referendum, rischiano addirittura di saltare le normali elezioni dei rappresentanti degli studenti. Alcuni rettori, infatti, stanno interpretando in senso ultrarestrittivo il comma 9 dell’articolo 2 della legge Gelmini, che proroga il mandato degli organi collegiali in vista della revisione degli statuti.
È evidente che ciò non impedisce affatto di rinnovare le rappresentanze studentesche, tanto che alcuni rettori, come quelli di Firenze e Pisa, hanno già convocato le elezioni rispettando la scadenza naturale del mandato. A Torino e Padova, invece, si è formata una strana (ma non inedita) alleanza tra il baronato e le parti peggiori della rappresentanza studentesca, pronte a violare ogni logica democratica per evitare di perdere la poltrona.
Nel frattempo, continua la corsa alla federazione tra gli atenei: dopo l’unione tra Bari, Foggia, Lecce, Molise e Basilicata, ora tocca agli atenei campani. Il protocollo firmato dalla ministra Gelmini e il presidente Caldoro parla già, esplicitamente, di taglio dei corsi di laurea. Ma la parte sana dell’università non sta a guardare: LINK-Coordinamento Universitario, l’Associazione Dottorandi Italiani, il Coordinamento Precari dell’Università, la Rete 29 Aprile e il Coordinamento Nazionale dei Professori Associati hanno elaborato insieme 10 punti, 10 proposte condivise da studenti, dottorandi, precari, ricercatori e professori associati, da portare in tutte le commissioni. La mobilitazione continua.
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