dal sito web della gazzetta di Modena del 9.6.2011
di Davide Berti
Quattro mesi di lavoro per una vera rivoluzione copernicana dell’università.
In 52 articoli, la commissione che l’ateneo di Modena ha costituito ad hoc per rispondere alla legge Gelmini, ha messo nero su bianco quella che è formalmente ancora una bozza ma presto rappresenterà il futuro delle nostre facoltà. E mai come in questa occasione parola fu più sbagliata: le facoltà, infatti, con la nuova organizzazione, spariranno.
Le maggiori novità, infatti, riguarderanno la governance dell’ateneo, e in particolare le funzioni e la composizione degli organi, Consiglio di Amministrazione e Senato Accademico con meno poltrone e struttura più agile, semplificazione dell’attuale struttura di ateneo attraverso la ridefinizione dei dipartimenti, ridotti e accorpati in sostituzione delle vecchie facoltà.
I numeri chiariscono come la cura dimagrante porti ad un passaggio non facile per la struttura accademica. Oggi esistono 30 dipartimenti e 12 facoltà. Domani - la riforma partirà ufficialmente dall’anno accademico 2012/2013 - sarà tutto ridotto ad un massimo di 20 dipartimenti, senza più la distinzione tra strutture di ricerca e di insegnamento.
Non ci sarà nessun risparmio di natura economica: «In università le poltrone non hanno un costo - spiega il rettore Aldo Tomasi - e anche se ci saranno meno responsabili di dipartimento e scomparirà la figura del preside di facoltà il bilancio non subirà sostanziali variazioni. Piuttosto si tratta di dare maggiore efficienza al sistema, evitando duplicazioni e riducendo le procedure».
Così facendo i dipartimenti, ridotti sensibilmente nel numero, diventeranno la nuova struttura di base dell’ateneo. Il consiglio di dipartimento sarà aperto anche al personale precario. Se, poi, i dipartimenti non avessero la capacità di gestire in autonomia i corsi di studio e di formazione, o quando si volessero raccordare per garantire una migliore gestione della didattica potranno aggregarsi in scuole di ateneo, eredi delle attuali facoltà, ma caratterizzate da una maggiore semplicità strutturale. Ma siamo nell’ambito delle eccezioni e questo passaggio, se avverrà, sarà solo gradualmente e quando la riforma sarà già avviata.
Per quanto riguarda il rettore si andrà ad eleggere un “magnifico” che rimarrà in carica addirittura sei anni. Mandato non rinnovabile, ma comunque lungo. In caso di problemi, l’unica arma in mano all’ateneo sarà la sfiducia, prassi che sarà inserita per tutte le cariche che saranno ricoperte. Per la prima volta, poi, verrà introdotta la figura del rettore vicario: nominato dal rettore, rappresenterà autonomamente la sede di Reggio Emilia.
Snellimento anche per i due organi accademici principali. Il consiglio di amministrazione passerà da 25 a 11 membri e avrà un ruolo deliberativo, cosa che invece adesso spettava al Senato. Quest’ultimo, nella nuova formula, passerà a 25 membri contro gli attuali 26 e avrà un ruolo di consulenza e sarà composto da una rappresentanza fedele alle tre aree, biomedica, umanistica e scientifico-tecnologica.
Nell’analisi del lavoro, i professori Massimo Donini e Daniela Fontana hanno precisato come siano state rispettate alcune finalità democratiche: «È stata introdotta la rappresentanza degli studenti in tutti gli organi collegiali e la componente femminile non dovrà essere inferiore a un terzo».
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