da "il punto" n. 19 di Agostino Labella
Qui noi facciamo così. Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito.
Qui noi facciamo così. Il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia. Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, non come un atto di privilegio, ma come una ricompensa al merito.
La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo. Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.
Un cittadino non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.
Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa. E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.
Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita a una politica, tutti qui siamo in grado di giudicarla.
Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.
Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.
Ogni cittadino qui cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.
Qui, ad Atene, noi facciamo così.
Sono le parole che 2450 anni fa Pericle indirizzava ai suoi concittadini, così attuali da essere “pericolose”. Invitato a Domenica In... nel 2003, l'attore Paolo Rossi scelse di recitare proprio questo brano, tratto da La guerra del Peloponneso dello storico Tucidide. La Rai ritenne il brano “troppo forte” e gli propose di partecipare al programma con un altro pezzo; Rossi non accettò.